I Riva hanno portato via dall’Ilva poco meno di mezzo miliardo di euro. E, adesso, Enrico Bondi lo rivuole indietro. La nuova Ilva contro la Riva Fire. Bondi contro i Riva. In tribunale. Secondo quanto appreso dal Sole 24 Ore da ambienti giudiziari l’Ilva, che oggi è guidata dal commissario straordinario nominato dal Governo, ha avviato un’azione di risarcimento da 484 milioni di euro contro la capogruppo Riva Fire, che nonostante il sequestro resta ancora appieno nell’orbita della famiglia di acciaieri. “L’accusa è giuridicamente pesante e – scrive Paola Bricco sull’inserto Imprese e territori del Sole – infamante. Per diciassette anni – dal 1995 – l’Ilva è stata usata dai Riva come un bancomat. In linguaggio giuridico Riva Fire – come società – e i Riva – in quanto amministratori della capogruppo e in alcuni casi anche dell’Ilva – avrebbero attuato un esercizio abusivo delle attività di direzione e di coordinamento della controllata che ha come attività principale l’acciaieria di Taranto, violando i principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale. In pratica i Riva avrebbero distolto dall’Ilva soldi veri, che adesso Bondi e i suoi collaboratori quantificano in poco meno di mezzo miliardo di euro, trasferendo negli anni questa cifra in Riva Fire attraverso un contratto di “assistenza tecnica e di servizi”, stipulato fra le due società nel 1999. L’Ilva, società eminentemente manifatturiera, non disponeva di tutte le competenze, tecniche e nel rapporto con il mercato, per funzionare bene. Dunque, per diciassette anni ha acquisito questi servizi dalla controllante, Riva Fire, pagando dei prezzi che ora vengono ritenuti non corretti. Questo accordo infra-gruppo risulta in continuità con un altro contratto, risalente al 1995, anno della privatizzazione con cui l’Iri cedette alla famiglia milanese un pezzo di Italsider. Ieri l’Ilva ha depositato la richiesta di risarcimento nella sezione specializzata in diritto dell’impresa del Tribunale di Milano, guidata dal magistrato Marianna Galiotto. La richiesta è stata formulata in via autonoma dall’Ilva nell’ambito di un giudizio civile promosso dalla Valbruna Nederland (la famiglia Amenduni, socia di minoranza di Ilva), che non era per nulla persuasa dei flussi di denaro in uscita dalla controllata verso la capogruppo. Bondi, assistito dall’avvocato Giuseppe Lombardi e dal professor Lotario Dittrich, muove pesantemente contro i Riva, dopo avere compiuto verifiche sulla non congruità dei meccanismi finanziari e industriali congegnati da questi ultimi. E, nel farlo, si appoggia a una relazione tecnica predisposta da PricewaterhouseCoopers Advisory. La richiesta di risarcimento danni viene rivolta a quasi tutto l’albero genealogico dei Riva: Fabio Arturo (latitante in Inghilterra, a Londra il 14 gennaio prossimo l’ultima udienza per l’estradizione), Nicola (ultimo presidente dell’Ilva, prima di Bruno Ferrante), Angelo Massimo, Claudio, Daniele, Emilio Massimo, il fondatore Emilio e il fratello Cesare Federico, per i quali oggi, proprio a Milano, si tiene la prima udienza preliminare per evasione fiscale. (…)”