All’indomani dell’appello degli industriali al Govero perché chiarisca «se vuole portare alla paralisi l’industria italiana», e mentre a Reggio Calabria sfilano in 25mila alla manifestazione “Ripartiamo dal Sud per unire il Paese” promossa da Cgil, Cisl e Uil, è soltanto Matteo Salvini a raccogliere la sfida. «Entro luglio – promette il vicepremier leghista – inviterò i sindacati al Viminale, con altri rappresentanti del lavoro, del commercio, dell’impresa e dell’agricoltura per confrontarci e ragionare insieme sulla prossima manovra economica». Una mossa che suona come l’ennesima evidente provocazione nei confronti del ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico Luigi Di Maio. Nel mirino anche di Forza Italia, con Mariastella Gelmini che affonda: «Salario minimo, Iva, concessioni, ex Ilva, Alitalia, cantieri fermi. Ogni giorno il Governo rivelala sua anima anti-impresa e statalista». Ce l’ha coni Cinque Stelle. Ma Di Maio, sotto assedio, tace. In un videomessaggio inviato al Festival del Lavoro si limita ad assicurare che si sta già lavorando alla prossima manovra «anche affrontando le trattative sulla flessibilità che verrà concessa per un primo abbassamento del cuneo fiscale e strutturale per tutti, che è il mio obiettivo».
La situazione resta complicata, come ha detto ieri lo stesso premier. Giuseppe Conte ha precisato però di essere «fiducioso» e «molto determinato» a raggiungere una soluzione positiva. «La procedura Ue è un aspetto quasi secondario» dicono gli esperti economici di Salvini, convinti che la sanzione non scatterà se il governo riuscirà a contenere il deficit di quest’anno al 2,1% promesso alla Ue, e al tempo stesso abbattere il debito con le privatizzazioni già in programma, sulle quali al Tesoro si sta lavorando, sotto traccia, da settimane. «Se dovessero aprire la procedura con un disavanzo al 2,1% sarebbe un atto politico, senza giustificazione economica. A quel punto ne prenderemmo atto. Faremo come la Spagna, dove con un po’ più di deficit si è risolto anche il problema della crescita» commentano al quartier generale della Lega. Intanto i sindacati – che ieri hanno manifestato a Reggo Calabria – reagiscono all’uscita di Salvini con cautela. «Bene, ora speriamo che alle parole seguano ora i fatti», hanno risposto in serata con una nota congiunta i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, Maurizio Landini, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo, rivendicando l’annunciata convocazione come un risultato del filotto di mobilitazioni degli ultimi mesi. «Quando qualcuno ti apre la porta è sempre un primo risultato. Certo, le convocazioni non si fanno a mezzo stampa, aspettiamo un atto formale», dicevano ieri alla Uil.
«Salvini parla di incontro allargato ai rappresentanti di commercio, agricoltura, industria. Non vorremmo si trattasse di una convocazione a uso delle telecamere ma senza un vero confronto», aggiungono dalla Cgil. Sulla stessa lunghezza d’onda la Cisl. Che manifesta anche un altro timore: «È evidente che a chiamarci non dovrebbe essere Salvini, che di mestiere fa il ministro dell’Interno, ma il ministro del Lavoro Luigi Di Maio. Non vorremmo che questo annuncio servisse più a regolare conti interni al governo che a preparare un vero confronto». A Salvini replica anche il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, assicurando che «di fronte alla confusione del governo ora sta a noi il dovere di offrire un’altra agenda per l’Italia».