di VINCENZO MUSACCHIO*
Un professore ucciso e tre persone ferite è questo il bilancio all’Istituto Joan Fuster di Barcellona. Sotto choc gli alunni e gli insegnanti che si sono trovati di fronte un bambino di soli 13 anni armato di una balestra, un pugnale e una pistola ad aria compressa che ha attaccato chiunque gli capitasse a tiro. Secondo le prime ricostruzioni, il ragazzo, giunto in ritardo per le lezioni, ha scoccato una freccia contro la sua professoressa che lo aveva fatto comunque entrare in classe. Poi si è scagliato contro la figlia della docente, pugnalandola alla coscia.
Udendo le grida, un altro insegnate si è precipitato nell’aula: senza perdere un attimo, il ragazzino gli ha puntato contro la balestra e lo ha colpito in pieno addome. L’uomo sarebbe morto dissanguato. Il minore in quanto di età inferiore agli anni 14 non è imputabile ed è stato quindi trasferito nell’unità psichiatrica di un ospedale del capoluogo catalano. Forse non è questo il caso specifico, ma cogliamo la palla al balzo per richiamare alla memoria il bellissimo saggio di Karl Popper “Cattiva maestra televisione”.
Il grande filosofo evidenzia come bambini e adolescenti passano quasi un terzo della giornata seduti in condizione passiva o semipassiva, di ascolto o visione assoluta davanti alla televisione. La tv di per sé è invasiva e violenta, le immagini catturano, invadono e ipnotizzano attraverso il tipo di proiezione, la velocità, il movimento, l’ associazione con parole e musica: tutti questi fattori sono studiati per non lasciare ai bambini tempi di riflessione e auto ascolto, proprio nelle fasi in cui sono maggiormente suggestionabili, hanno una capacità ridotta di giudizio, una mancata visione d’insieme, un esame di realtà parziale. La televisione ha un effetto diretto di tipo duplice: riduce l’attività motoria-cognitiva e induce ad alterare la percezione della realtà. Bambino e adolescente finiscono per essere rinchiusi in una realtà illusoria.
Di pari passo va la mancanza di strumenti da parte degli adulti per capire ciò che accade al bambino e stemperare, spiegare e alleggerire le rappresentazioni. . E’ stato stimato che in media un bambino assiste a dieci casi di violenza in tv al giorno, tre dei quali si concludono con morti violente. C’è una sostanziale tendenza a spettacolarizzare l’evento, proponendo immagini in successione con la logica della fiction, causando di fatto una sottostima delle conseguenze. I dati non pongono dubbi sul ruolo della violenza televisiva nell’induzione di tendenze aggressive. Sappiamo che esiste un nesso. Se l’informazione sul conflitto viene data dalla tv, alla famiglia, alla scuola e agli adulti spetta il compito di mediare ai bambini questo contenuto. Occorre spiegare che la violenza non è mai la risoluzione ai loro problemi.
*Presidente dell’Istituto Nazionale di Studi sulla Corruzione in Roma