Una rassegna dei principali commenti sui quotidiani di oggi.
Antonio Polito, Corriere della Sera
“Il fragile equilibrio” che tiene in piedi il governo è descritto da Antonio Polito sul Corriere della Sera. “Ci sono momenti – scrive – che dicono più delle parole. Per esempio quando Giuseppe Conte ha finito il suo intervento ieri mattina a Montecitorio senza che un vero e convinto applauso si levasse dall’aula. Il logorio della seconda ondata scava inevitabilmente un solco tra il governo e l’opinione pubblica; ma anche tra il governo e la sua base parlamentare. La «guerra santa» dei Cinquestelle al Mes si è fermata prima di sparare il colpo che avrebbe potuto far cadere il governo, e con esso il Parlamento. La conservazione dello status quo è diventata la forza maggiore della legislatura. Però il premier non è uscito rafforzato dalla giornata di ieri. Si dirà: è politica. Ed è vero. Alla fine conta solo il risultato, e il governo è ancora in piedi. Ma è sul terreno, nel Paese reale, che deve dimostrare la sua forza. E anche lì soffre. L’impalcatura proposta da Conte al Consiglio dei ministri — sembra di capire senza averla prima discussa con i partiti, vista la reazione dei renziani — ha molti difetti di accentramento, ma ha il merito di capire che senza una tecnostruttura di grandi dimensioni e qualità noi non riusciremo a spendere tutti quei soldi. Usare i fondi europei richiede progetti, bandi di gare, certificazioni, rendiconti, audit. È un lavoro immane: basta chiedere alle numerose Regioni italiane che non ci sono mai riuscite. Non vorremmo che finisca come di solito avviene, che cioè con qualche artificio contabile si usino quei fondi per completare cose già avviate, cambiando la fonte di finanziamento. Ma c’è un problema di merito che è ancora più preoccupante agli occhi dell’opinione pubblica. Questa crisi ci ha infatti detto di che cosa ha bisogno la nostra sanità: della medicina territoriale, la diga prima dell’ospedale che stavolta non ha tenuto. Tutte queste cose non le diciamo noi, ma le abbiamo trovate scritte in un piano del ministero della Sanità che calcola in almeno 25 miliardi la spesa necessaria per rifare il nostro sistema di medicina territoriale ed evitare che crolli alla prossima emergenza. Nelle previsioni del Recovery plan, invece, i fondi stanziati complessivamente per la sanità sono meno della metà. C’è qualcosa che non va, e si vede. Che il governo sia rimasto in piedi è un bene. Che si metta a camminare, a ben altro passo, è la condizione perché ci resti”.
Stefano Cappellini, la Repubblica
Il duello tra Conte e Renzi può essere sintetizzato in quello tra lo spariglio e la furbizia. Ne scrive Stefano Cappellini su Repubblica: “Uno, Matteo Renzi, ha titolato il suo ultimo libro La mossa del cavallo, una civetteria sulla sua attitudine allo spariglio. L’altro, Giuseppe Conte, non è uscito in libreria ma dello scavallo, passando in un clic da premier di un governo con Salvini a premier federatore del nuovo centrosinistra, ha acquisito la laurea ad honorem. E chi ha permesso a Conte il salto? Renzi, aprendo a un ribaltone che pareva fantapolitica fino a poche ore prima. Ora il presidente del Consiglio vuole restare dove lo ha messo l’ex rottamatore che, invece, sta sempre più stretto nel ruolo di terzo incomodo della maggioranza giallorossa. È davvero pronto a staccare la spina al governo? Tutto dice di sì. Lo farà davvero? Non è detto. Il duello con Conte è dall’esito imprevedibile, anche perché l’esperienza insegna che Renzi può iniziare una campagna tattica senza essere certo dello sbocco strategico e che la furbizia di Conte non va sottovalutata. Al di là delle convenienze e dei machiavellismi, il colpo assestato da Renzi è solido, sferrato nell’aula del Senato per ricordare che da troppo tempo il Parlamento è mortificato nelle sue funzioni, che i decreti diventano veicolo di decisioni improvvisate e non condivise, che anche il governo rischia di diventare una specie di task force e non delle più centrali ed efficaci. Vizi che arrivano da lontano, dai quali non era certo esente lo stesso governo Renzi, ma che pesano di più ora che la drammaticità del momento esige visione, leadership e comunione di intenti. Lo stato di salute della maggioranza non aiuta Conte. Sfilacciata, confusa e vittima di contorsionismi spesso ridicoli. L’unica garanzia offerta dal Conte bis — non piccola — è stata tenere lontana dal governo la compagnia della destra italiana egemonizzata dai sovranisti, che su ciascuna delle materie elencate ha dimostrato dall’opposizione di poter fare peggio e più confusamente. Abbastanza per sperare di tirare avanti fino alla fine della legislatura e all’elezione del nuovo capo dello Stato. Poco per riuscire nella missione di rimettere in piedi l’Italia e dare un senso politico all’operazione che ha fuso il grillismo in crisi di identità e il Pd lasciato alla deriva da Renzi”.
Marcello Sorgi, La Stampa
Il destino – l’apocalisse – del governo Conte è solo rinviato. Lo scrive Marcello Sorgi sulla Stampa sottolineando che “pur avendo dimostrato una grande capacità di resistenza, anche in questi ultimi mesi difficili della seconda ondata della pandemia, il premier, indubbiamente, è cotto a puntino. Se mancava una prova per dimostrarlo, basterebbe considerare che di fronte a un attacco frontale, come quello che gli ha rivolto negli ultimi giorni Renzi, reiterandolo ieri nell’aula di Palazzo Madama, non una sola parola di solidarietà si è levata in suo aiuto, da Zingaretti, o Di Maio, o Speranza, i quali forse non condividono i modi del leader di Italia Viva, ma la sostanza sì. Perché allora, di fronte a un’ennesima Apocalisse annunciata, il governo ieri ha ottenuto la maggioranza alla Camera e al Senato, comprensiva dei voti dei parlamentari renziani, e Conte potrà oggi presentarsi a Bruxelles come se nulla fosse, con in tasca l’approvazione della controversa riforma del Mes? L a risposta è abbastanza semplice: pur essendo stufi di un premier e di un governo paralizzati da ogni decisione importante, i leader dell’alleanza giallorossa, a cominciare dallo stesso Renzi, non sono affatto sicuri che una crisi porterebbe a una soluzione migliore di quella attuale. E non sono neppure convinti, almeno non lo sono tutti allo stesso modo, che la coalizione che governa da sedici mesi sia in grado di rafforzarsi e proseguire. Ovviamente chi trae i maggiori vantaggi da una situazione del genere è proprio lui, Conte. Non teme minimamente la crisi (ma non la temeva neanche nell’estate 2019, quando poi si verificò) perché sa che, guardata con gli occhi della gente normale, sarebbe una follia. Via, non sarebbe comprensibile. Che ci sia bisogno di un organismo, di un comitato, di un qualcosa, lo chiamino come gli pare, che si occupi di valutare i vari progetti e garantire la loro attuazione senza ritardi, non c’è dubbio. Così come è assolutamente ridicolo ritenere che l’intero governo e l’intero Parlamento debbano essere impegnati nell’attuazione dei progetti del Recovery Fund, causando ritardi inaccettabili, una paralisi generale e un fallimento da cui il Paese non sarebbe più in grado di riprendersi”.