Dopo l’impresa dei Mille, Cavour voleva arruolare i soldati borbonici nell’ex esercito sardo, divenuto italiano. Si trattava di centomila uomini, che spesso rifiutarono il nuovo arruolamento, dato che avevano prestato giuramento al re di Napoli. La Marmora scrisse al conte: «Non ti devo lasciare ignorare che i prigionieri napoletani dimostrano un pessimo spirito. Su 1.600 che si trovano a Milano, non arriveranno a 100 quelli che acconsentiranno a prender servizio. Sono tutti coperti di rogne e di vermina, moltissimi affetti da mal d’occhi o da mal venereo, e quel che è più, dimostrano avversione a prendere da noi servizio. (…) Non so per verità che cosa si potrà fare di questa canaglia».
La Civiltà Cattolica, la rivista dei gesuiti, era in prima fila nello scrivere: «Per vincere la resistenza dei prigionieri di guerra, già trasportati in Piemonte e in Lombardia, si ebbe ricorso a uno spediente crudele e disumano, che fa fremere. Quei meschinelli appena coperti da cenci di tela e rifiniti di fame furono fatti scortare nelle gelide casematte di Fenestrelle e d’altri luoghi posti nei più aspri luoghi delle Alpi. Uomini nati e cresciuti in clima caldo e dolce come quello delle Due Sicilie, eccoli gittati, peggio che non si fa coi negri schiavi, a spasimar di fame e di stento fra le ghiacciaie! E ciò perché fedeli al loro giuramento militare ed al legittimo Re».
«I conflitti furono aspri, indicatori dell’alterigia dei vincitori, espressione spesso di culture allora assai lontane tra loro e di un’idea soltanto formale dell’unità tra italiani del Nord e del Sud»
Oggi a Salerno la prima giornata di studi borbonici.
Il ministero dei Beni culturali ha accusato la Fondazione Cavour, presieduta dal novantaduenne Nerio Nesi, di aver danneggiato con un restauro mal fatto e non autorizzato i diari del conte.