Sono state illustrate nella sede della Quarta municipalità le iniziative organizzate da Libera con il patrocinio del Comune di Catania per il trentennale della morte di Beppe Montana, il commissario di polizia ucciso dalla mafia a Porticello.
“Uno dei principali impegni di Libera – ha sottolineato Dario Montana, fratello del Commissario – è quello di tener viva la memoria di tutte le vittime innocenti delle mafie per la costruzione di una nuova società libera, appunto, dalle mafie, dalla corruzione e dal malaffare”.
“Il Comune di Catania – ha aggiunto l’assessore alla Legalità, Rosario D’Agata, intervenuto in rappresentanza del sindaco Enzo Bianco – crede in questo impegno e sta facendo quanto in suo potere per la sua realizzazione”. Tra gli interventi, quello di Maria Randazzo, direttore dell’Istituto penitenziario per i minori di Bicocca, che ha sottolineato come in molte delle iniziative del trentennale siano coinvolti giovani dell’area penale “proprio per favorire la loro integrazione”.
Le iniziative in ricordo di Montana sono articolate in tre giornate. Domenica 26 luglio alle 9,30 nel porto di Catania si svolgerà – in collaborazione con Centro Koros, Unione Italiana Vela Solidale, Comunità di Sant’Egidio e Cooperativa Prospettiva -, “Venti liberi”, una regata con equipaggi composti da ragazzi provenienti dall’area penale di Catania e Acireale e con alcuni migranti. La premiazione si svolgerà alle 20,30 nella piazza Beppe Montana e seguirà un concerto con Borchio and the Reefs, Chant Faye, Chicat e Archinuè.
Lunedì 27 luglio alle 18, sempre in piazza Beppe Montana si svolgerà il quadrangolare di calcetto “Nella stessa squadra”, organizzato in collaborazione con gli Istituti penitenziari di Acireale e Bicocca, il Tribunale per i Minorenni, l’Ufficio servizio sociale per i minorenni (Ussm), la cooperativa sociale Prospettiva, la Comunità di Sant’Egidio e la parrocchia del quartiere. Ogni singola squadra sarà composta da un magistrato o un poliziotto, un rappresentante di Libera, un migrante, un ragazzo dell’area penale e un altro del quartiere di San Giovanni Galermo.
Martedì 28 luglio alle 10, nella Chiesa dei Minoriti, sarà celebrata una Messa della Polizia di Stato e in mattinata come ogni anno si svolgerà una raccolta di sangue in piazza Santa Nicolella. Alle 18, nel Cortile Platamone, avrà luogo il convegno “La memoria libera il futuro” che avrà un’introduzionee dell’orchestra Musicainsieme di Librino. Al convegno saranno presenti il sindaco di Catania Enzo Bianco, don Luigi Ciotti, presidente di Libera, il Questore di Catania Marcello Cardona, il giornalista Attilio Bolzoni, Dario Montana di Libera Catania, e Vincenza Speranza e Maria Pia Fontana dell’Ussm.
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Nato ad Agrigento nel 1951, figlio di un funzionario del Banco di Sicilia, si trasferì poi a Catania dove crebbe. Ottenne la laurea in Giurisprudenza e successivamente vinse il concorso per entrare nella Polizia[1]. Entrò a far parte della squadra mobile di Palermo ed in seno a questa fu posto alla testa della neonata sezione “Catturandi”, che si occupa della ricerca dei latitanti. In questa veste ottenne risultati di rilievo, scoprendo nel 1983 l’arsenale di Michele Greco ed assicurando alle patrie galere nel 1984 Tommaso Spadaro (amico d’infanzia di Giovanni Falcone), divenuto boss del contrabbando di sigarette e del traffico di droga. Aveva collaborato al “maxi blitz di San Michele” del pool antimafia, eseguendo parte dei 475 mandati di cattura. Con il pool avrebbe continuato a lavorare a stretto contatto fino all’ultimo suo giorno, consolidando con quella struttura un rapporto nato con il giudice Rocco Chinnici, impegnato in prima linea nella “sfida” con la Cosa Nostra. Proprio dopo l’uccisione di Chinnici, Montana aveva dichiarato: « A Palermo siamo poco più d’una decina a costituire un reale pericolo per la mafia. E i loro killer ci conoscono tutti. Siamo bersagli facili, purtroppo. E se i mafiosi decidono di ammazzarci possono farlo senza difficoltà. » (Beppe Montana[2]) Tre giorni prima della morte di Montana, il 25 luglio 1985 la Catturandi aveva arrestato otto uomini di Michele Greco, che si era sottratto alla cattura. Un altro Greco, Pino, detto “Scarpuzzedda”[3], era a capo di una cosca che insieme a quella dei Prestifilippo controllava il territorio della zona di Ciaculli in cui si nascondeva il latitante Salvatore Montalto. Montana conosceva bene il soggetto perché stava provando a far costituire Scarpuzzedda e cercava anche di convincere la sua amante, Mimma Miceli[4], a consegnarlo alla giustizia[5]. L’agente Calogero Zucchetto, infiltrato nelle mafie di Ciaculli, fu ucciso il 14 novembre 1982 da Greco perché stava quasi per metter le mani sul Montalto; fra i mafiosi, non si sa con quanta fondatezza, si diffuse subito la voce che Montana ed il suo superiore Ninni Cassarà avrebbero ordinato ai loro uomini che Greco e Prestifilippo non sarebbero stati da prender vivi. Montana fu piuttosto l’ideatore ed il principale animatore del comitato in memoria di Zucchetto, in materia di legalità. Lunga ed intensa fu la collaborazione, accompagnata da un rapporto umano profondo, con Cassarà, che sarebbe stato ucciso nove giorni dopo di lui. Di diverso tenore fu invece la “collaborazione” con un altro funzionario, Ignazio D’Antone, sospettato di collusioni con la criminalità organizzata ed in particolare con il boss Pietro Vernengo[7], fratello di quell’Antonio il cui arresto era stata la prima grande operazione di Montana[8]. Montana era anche dirigente della locale sezione del Sindacato Autonomo di Polizia. Fra le indagini seguite da Montana, anche quella sulla vicenda del Palermo calcio, che condusse in carcere il presidente Salvatore Matta accompagnatovi da diversi faldoni di intercettazioni telefoniche che ne indicavano una gestione finanziaria a dir poco disinvolta[9]. L’assassinio[modifica | modifica wikitesto] Il 28 luglio 1985, il giorno prima di andare in ferie, venne ucciso a colpi di pistola (una 357 Magnum ed una calibro 38 con proiettili ad espansione) mentre era con la fidanzata a Porticello, frazione del comune di Santa Flavia[1], nei pressi del porto dove era ormeggiato il suo motoscafo. Dal giorno della sua uccisione iniziò un’estate che vide la città di Palermo immersa nel sangue delle vittime della mafia: in soli dieci giorni vennero assassinati tre investigatori della squadra mobile di Palermo, particolarmente esposta perché, secondo un gran numero di fonti unanimi a partire dallo stesso Cassarà, lasciato solo.[/aesop_content]