Diletta Capissi
Clima di emozionante attesa per lo spettacolo “Gli Amici se ne vanno – Le Note Ineguali di Umberto Bindi” che debutta in prima nazionale, giovedì 22 gennaio, e in scena fino al 25 gennaio, al Nuovo Teatro Sancarluccio, alle ore 21,00. Un lavoro firmato a quattro mani da Gianmarco Cesario e Antonio Mocciola, diretto ed interpretato da Massimo Masiello, le elaborazioni musicali a cura di Letti Sfatti. Dedicato alla memoria del cantautore genovese, alla voce indimenticabile di un artista considerato provocatorio e scomodo per la sua dichiarata omosessualità che fece scandalo e lo costrinse a subire una deprecabile emarginazione dalla Rai culminata con l’allontanamento, nel 1989, da Sanremo. Gianmarco Cesario, critico teatrale e giornalista, direttore artistico del fortunato format Teatro Match e de la Corte de la Formica, ed Antonio Mocciola, giornalista e scrittore, hanno pensato di rendere omaggio in questo modo ad una figura tanto importante e altrettanto trascurata del panorama musicale italiano, con lo spettacolo intitolato “Gli amici se ne vanno”, grazie alla regia e alla virtuosistica interpretazione di Massimo Masiello. “È significativo il fatto che negli anni ’70 non facesse scalpore una figura come quella di Renato Zero – hanno ricordato Cesario e Mocciola – all’epoca vestito spesso di tutine aderenti e colori sgargianti e quanto al contrario creasse problemi considerare, dedicata ad un altro uomo, una dolce melodia come quella de “Il nostro concerto”. Umberto Bindi è ancora oggi un personaggio misconosciuto ai più e anche per questo andava doverosamente ricordato – dichiarano i due autori – attraverso un’operazione che è stata notata anche da Massimo Artesi, compagno di Bindi ed attuale erede, che ha deciso di omaggiare lo spettacolo di un racconto inedito di Bruno Lauzi, caro amico della coppia, in forma assolutamente esclusiva”.
La musica, il mare, la solitudine, la sua città Genova, versi poetici e “note ineguali” nelle belle canzoni di Bindi che, “all’alba dei “favolosi” anni ’60, aveva già firmato numerosi successi (“Il nostro concerto”, “Arrivederci”), ” fino alla toccante “Io e il mare”, passando anche per “Letti” con la quale viene sancita la sua ultima esibizione al Festival di Sanremo accompagnato dai New Trolls. “Un autore cantato in tutto il mondo, da Dionne Warwick, Tom Jones e Robert Plant dei Led Zeppelin – continua Cesario – ma che da noi invece è stato dimenticato. Bindi inizia nella scuola genovese con Paoli, Lauzi, Tenco. Conobbe il successo con “Arrivederci “e “La musica è finita” ma poi scattò la discriminazione perché omosessuale. Questa è stata una delle grandi colpe della cultura italiana – sottolineano Cesario e Mocciola – ed abbiamo voluto mettere in piedi questo spettacolo per risarcire la memoria di un musicista straordinario”. Era un divo/non divo Umberto Bindi che abbandonò le scene e scomparve nel 2002, dopo aver subito sulla propria pelle l’omofobia di un mondo mediatico che non era ancora pronto – scrivono Cesario e Mocciola – nella seconda metà del secolo scorso, e forse nemmeno oggi, ad abbracciare le interpretazioni di chi non aveva paura di mostrarsi esattamente come fosse.
Gennaro Romano si è occupato delle musiche, quelle immortali di Bindi che possono essere attualissime anche oggi, quanto meno come tematiche, soffermandosi sull’orchestralità di ogni pezzo che l’autore voleva sempre ben lavorato anche a livello strumentale”. Massimo Masiello, protagonista de “Gli amici se ne vanno”, di cui si apprezzano le sofisticate capacità canore e che in questa occasione firma anche la regia dello spettacolo, si è tuffato nel mondo di Bindi “con garbo e rispetto”: racconterà molti episodi di vita del cantautore, esistenza di certo non facile, intervallando con brani, più o meno noti, tratti dal ricco bagaglio musicale dell’artista, a partire da canzoni conosciute come “Arrivederci”,“Gli amici se ne vanno”. “E’ un sensibile e doveroso omaggio ad un artista che non ha avuto una vita fortunata e semplice – scrivono infine gli autori – e che, anche alla sua morte, non ha mai ottenuto quella visibilità che avrebbe certamente meritato.
Attraverso le sue canzoni e la sua storia, vogliamo raccontare quest’episodio vergognoso di omofobia e razzismo – concludono Cesario e Mocciola – sperando che la vicenda umana ed artistica di Umberto resti solo un tragico esempio di un’Italia che non c’è più”. “Umberto si sentiva un ospite indesiderato in questo tempo musicale – si legge nel ricordo inedito di Bruno Lauzi – le sue melodie tendevano al sublime; il problema dell’artista non è essere moderno ma eterno. Umberto veniva dall’eterno e all’eterno tendeva e avrebbe teso sempre”.