«Fatturano oltre 558 miliardi e continuano a crescere, realizzano utili per 86,5 miliardi, ne capitalizzano quasi 2.781,2 (oltre sei volte il valore di Piazza Affari e quasi quanto il Pil tedesco), impiegano 1,26 milioni di persone, pagano relativamente meno tasse, e dispongono di un «tesoro» pari a 400 miliardi di liquidità, investiti per due terzi in titoli a breve termine. Sono le 21 multinazionali del «software & web» analizzate da R&S Mediobanca, che le mette anche a confronto con l’insieme delle 390 imprese globali: il loro peso, pari al 4% in termini di ricavi e forza lavoro, sale all’11% sui profitti e al 29% rispetto al valore in Borsa. In Italia la loro presenza vale 1,5 miliardi e in tutto 5.800 occupati». Utili raddoppiati in cinque anni. La prima è Apple (577 miliardi di capitalizzazioni), seguono Google (511) e Amazon (337) [Bocconi, Corriere].
Ma pagano pochissime tasse. Lo rivela il presidente del Parlamento Europeo Taiani:
“Ho parlato di un’Europa che deve essere un po’ Robin Hood – scrive Tajani -: pronta a chiedere meno tasse ai cittadini e più tasse ai giganti del web, ai grandi speculatori finanziari, a chi si nasconde nei paradisi fiscali. Le grandi piattaforme digitali pagano in Italia appena 114 milioni di tasse. Sono cifre ridicole, sono convinto che come per le altre imprese anch’esse debbano pagare imposte proporzionali alle loro entrate. L’Unione ha chiesto il recupero di 250 milioni di euro di tasse evase da Amazon in Lussemburgo e di 13 miliardi da Google in Irlanda che rappresentano il 10% del bilancio Ue. Bisogna continuare su questa strada. È necessario colpire la speculazione che, con decine di migliaia di transazioni finanziarie anche in poche ore, allontana il risparmio dall’economia reale, dalla crescita e dalla creazione di nuovi posti di lavoro”.