“Il processo di consolidamento del sistema bancario italiano iniziato negli anni 90 ha comportato maggiore efficienza e produttività, ma non ha sensibilmente colmato il problema del minor accesso al credito delle regioni del Sud. È la maggiore rischiosità del contesto a penalizzare le imprese meridionali, tuttora costrette ad accedere a tassi di interesse decisamente più alti del Centro-Nord. Parlare di credito significa quindi parlare di banche e imprese insieme, ma mancano interventi che affrontino con efficacia questo cortocircuito soprattutto dal lato delle imprese”. È quanto ha affermato nella sua relazione il Presidente della SVIMEZ Adriano Giannola intervenuto oggi al convegno “Il credito al Mezzogiorno: politiche pubbliche, strumenti giuridici” all’Università La Sapienza a Roma.
“Le imprese devono necessariamente attrezzarsi a essere meno bancocentriche, ha continuato Giannola, impegnandosi ad usare strumenti finanziari alternativi al credito bancario e irrobustendo la loro struttura patrimoniale per essere effettivamente bancabili. In questa situazione, occorre inoltre favorire con politiche adeguate la ristrutturazione del debito di quelle imprese selezionate sulla base di un concreto piano industriale che hanno un’effettiva speranza di vita.
C’è quindi un serio problema di sopravvivenza delle imprese meridionali legato al credito, conclude Giannola. Le politiche del Mezzogiorno vanno però calate in un’ottica di sistema Italia, non limitate al Sud, devono avere obiettivi nazionali. Anche perché il motore della nostra decrescita infelice è il crollo del mercato interno, dei consumi meridionali, che ha pesato moltissimo anche sul Nord. Se la locomotiva del Nord senza i vagoni meridionali non va da nessuna parte, occorre agire sulle due linee di intervento, politiche industriali e limitazione degli effetti territoriali distorsivi del consolidamento bancario”