DI LAURA BERCIOUX
C’è un bimbo di 8 anni che “chiede” giustizia perchè è al piccolo Loris che spetta. Quale inferno abbia vissuto questo bambino prima, e poi nel momento del delitto, è qualcosa di doloroso e mostruoso per la spietatezza di chi l’ha ammazzato. Un bimbo strangolato e buttato in un canalone, forse ancora vivo. Per ucciderlo l’omicida ha usato una fascetta. E questo è il primo mistero. La madre ha sostenuto che erano per un lavoretto che Loris doveva fare a scuola: le maestre non hanno mai fatto questa richiesta né usano fascette pericolose per i bambini. Poi c’è il mistero sul percorso della Panarello. Si esamina il GPS della sua vettura: c’è un buco di 15 minuti. Poi le diverse versioni fornite agli inquirenti. Il ritrovamento dello slip e le presunte violenze e abusi che il bimbo avrebbe subito. La madre, comunque, non è indagata. Una donna fragile, ragazza madre a soli 16 anni, che ha sofferto di depressione e si è fatta due del male. Dalle telecamere si vede l’auto della madre di Loris a 50 metri dalla strada che porta poi al Mulino, luogo del ritrovamento. Con Roberta Bruzzone, esperta e nota criminologa, entriamo nella vicenda e nel terribile scenario del delitto di Santa Croce di Camerina.
Le fascette consegnate dalla madre del piccolo alle maestre, poi in Questura ora sono alla Scientifica. Un giallo nel giallo?
“Pare che siano compatibili con quella usata per il bambino. “Pare”: il condizionale è d’obbligo in questa vicenda”.
Che idea si è fatta di questo delitto?
“Quello che posso dirle ragionevolmente, è che diverse cose di quello che racconta questa donna non tornano. E temo che il bimbo conoscesse bene il suo aggressore. Non penso che bisogna cercare troppo lontano da Loris e dai suoi affetti e dalle sue conoscenze che chiaramente, essendo un bimbo di 8 anni, sono molto limitate”.
Le versioni diverse della madre sollevano dubbi.
“Queste anomalie nelle versioni e la presenza delle fascette sono circostanza abbastanza inquietanti. A quel punto la mamma avrebbe avuto anche la disponibilità di strumenti compatibili con l’arma del delitto”.
Ritorniamo con il pensiero al delitto di Cogne?
“Per ora bisogna continuare a mantenere la necessaria cautela, soprattutto a livello mediatico, anche sulla base delle informazioni che possediamo al momento. Ma se consideriamo questo tipo di scenario criminologico, quello del figlicicio, allora qui siamo anche un passo oltre rispetto a ciò che avvenne a Cogne. Mi spiego meglio: Annamaria Franzoni è stata condannata in via definitiva perchè ritenuta colpevole del delitto del figlio Samuele. Ma questa donna, comunque, non si è spinta fino ad occultare il corpo, a nasconderlo, a tentare di depistare le indagini magari modificando lo stato del corpo del piccolo per far ipotizzare un delitto a sfondo sessuale (mi riferisco in particolare, anche se non solo, all’assenza delle mutandine tra gli indumenti indossati da Loris al momento del ritrovamento). E badi bene, non sto dicendo che la mamma di Loris si sia resa responsabile di tutto ciò, ma se ipotizziamo un figlicidio allora dobbiamo considerare e spiegare anche tutti i vari aspetti di questa terribile vicenda in quella prospettiva. Quindi se davvero si tratta di figlicidio materno, allora siamo in presenza di una evoluzione maligna di questo scenario. Mi creda, mai come questa volta, spero vivamente di sbagliarmi perchè ciò che è stato fatto a questo bimbo per cagionarne la morte, e anche dopo il decesso, è quanto di peggio francamente abbia visto in oltre 15 anni di carriera professionale trascorsa ad analizzare e ricostruire nel dettaglio feroci delitti”.
Si andrebbe oltre?
“Si perchè qui abbiamo un bambino morto in una maniera terribile, ucciso con uno strumento ed una tecnica omicidiaria che testimoniano una lucidità spaventosa e una determinazione altrettanto spaventosa. Qui non si è trattato di un dolo d’impeto come è accaduto verosimilmente a Cogne. Non ci troviamo davanti ad un soggetto che ha agito sulla scorta di un momento di “buio della mente e dell’anima”. Qui siamo di fronte ad una lucida e crudele esecuzione. In più, se davvero si trattasse di un figlicidio, dovremmo considerare anche una imponente attività post delitto di matrice depistante volta a garantirsi l’impunità per quanto commesso, senza il benchè minimo segno di umana pietà. Non dimentichiamoci che parliamo dell’omicidio di un bimbo di 8 anni che è stato poi gettato privo di slip in un canalone come un giocattolo rotto”.
Pare che fosse ancora vivo
“Ripeto, e mi creda, il mio lavoro non aiuta certo a sviluppare una grande fiducia nel prossimo. E non è certo per cinismo che affermo, a ragion veduta, dopo tutti questi anni passati sulle scene di delitti efferati, che non esistono persone al di sopra di ogni sospetto. Ma mai come questa volta spero fortemente di sbagliarmi. Per certi versi mi “rassicurerebbe” (si fa per dire ovviamente) di più l’idea di avere a che fare con un predatore sessuale in circolazione. Rappresenta sicuramente un’ipotesi inquietante ma che siamo attrezzati ad affrontare sotto il profilo criminologico ed investigativo. Ben altra cosa è trovarsi davanti alla prospettiva di una madre che uccide deliberatamente il proprio figlio di appena 8 anni e poi depista inscenando un delitto sessuale. Mi auguro dal profondo del cuore di sbagliarmi. E’ una delle poche volte che me lo auguro fermamente perché da donna, prima ancora che da professionista, questa cosa mi sconvolge”.