Antonio Troise
D’accordo che con i soldi privati (sia pure guadagnati con concessioni pubbliche) ognuno può fare quello che vuole. Ci mancherebbe. E d’accordo anche con chi dice che il capitalismo è questo, con le sue regole e i suoi paradossi. Alternative migliori, almeno per il momento, non se ne vedono in giro per il mondo. Eppure, la maxi liquidazione che l’amministratore delegato di Atlantia, Giovanni Castellucci, ha incassato firmando la lettera delle sue dimissioni, lascia l’amaro in bocca. Insieme ad un senso di sconcerto e smarrimento. Il manager, che un anno fa era sulla tolda di comando di Autostrade, è già finito nel lungo elenco degli indagati. Toccherà alla giustizia fare chiarezza anche sull’altro troncone dell’inchiesta, quello sulle perizie dei viadotti “edulcorate” dai tecnici anche dopo il dramma del Ponte Morandi. Eppure, fino ad ora, alle 43 vittime del crollo, sono stati destinati risarcimenti per un importo complessivo di 60 milioni di euro, circa 1,4 milioni a testa, quasi venti volte in meno la liquidazione ottenuta, in un sol colpo, dall’ex amministratore delegato del gruppo. Una sproporzione impressionante, soprattutto se misurata con il metro dell’indignazione e della rabbia per i parenti delle vittime e per le tante famiglie che sono ancora sfollate.
Naturalmente, nessuno vuole mettere minimamente in dubbio le capacità professionali e manageriali di Castellucci. Nella sua lunga carriera è riuscito a raggiungere risultati importanti e brillanti. Alla Barilla ha aumentato fortemente il fatturato. Una volta approdato in Autostrade, ha trasformato la società controllata dai Benetton in un player mondiale, scalando la classifica dei colossi del settore.
Insomma, il suo stipendio se l’è sicuramente guadagnato. Non a caso c’è chi sospetta che il suo “allontanamento” sia stato il prezzo pagato dai Benetton allo Stato pur di non perdere le concessioni dello Stato. Un ramoscello d’ulivo ora che al ministero delle Infrastrutture non c’è più l’”estremista” Toninelli. Si vedrà. Ma, al di là delle strategie dettate dalla politica, è davvero difficile mandare giù questo capitalismo senz’anima che “ricompensa” il manager indagato con una buonuscita milionaria (con tanto di casa e parcelle degli avvocati pagate dal gruppo) e risarcisce le vittime solo con le “briciole”.
E’ ovvio che nessuna cifra potrà mai compensare la perdita di un familiare o una persona cara. Ma i 20 milioni della buonuscita a Castellucci sono lì a mostrare a tutti che i conti, a più di un anno dalla tragedia di Genova, non tornano ancora. E non solo dal punto di vista della giustizia ma anche (e, forse, in maniera ancora più grave) di quello dell’etica e della morale. Parole che neanche il “dio Mercato” dovrebbe dimenticare di fronte alla tragedia di Genova.