Antonio Troise
L’allarme è per il prossimo inverno. A fine anno, infatti, scadrà il contratto sottoscritto, nel 2019, fra Mosca e Kiev per garantire il transito del flusso di gas dalla Russia ai Paesi dell’Europa. Un’intesa che il governo di Volodymyr Zelensky ha già fatto sapere di non voler rinnovare. Rispetto alle prime fasi del conflitto, quando era Mosca a chiudere i rubinetti per indebolire i Paesi europei, questa volta è l’Ucraina a far scattare il disco rosso sugli approvvigionamenti di Putin. Una scelta poco discutibile, perfino obbligata fra due nazioni in guerra. Ma che potrebbe costare molto cara all’Europa. E’ vero che prima dell’invasione dell’Ucraina, il 50% del gas consumato nei 27 Paesi dell’Unione arrivava proprio dalla Russia. Una percentuale che, negli ultimi mesi, è scesa al 15%, grazie soprattutto alle politiche di diversificazione delle fonti di approviggionamento attuate dai governi, Italia in testa. Ma quando verrà meno il flusso che attraversa l’Ucraina, la percentuale di gas russo che arriva in Europa scenderà al 5%. Uno scenario al quale bisogna aggiungere il taglio alla produzione del petrolio deciso dall’Opec e la crisi del Mar Rosso, dove transita la maggior parte delle materie prime che arrivano in Europa. Tutti elementi che potrebbero far lievitare i prezzi, impennare l’inflazione e assestare il colpo del KO alla possibile ripresa dell’economia europea, già molto asfittica. Il Consiglio europeo ha già adottato una “raccomandazione” (che non è un obbligo) per ridurre il 15% i consumi di gas nei prossimi mesi.
Ma la vera sfida, mai come questa volta, si gioca nel Mediterraneo che, con il nuovo taglio delle forniture dalla Russia, diventerà ancora più strategico per i Paesi dell’Europa Centrale. E, in questo mondo capovolto dove lo sviluppo corre sull’asse Sud-Nord, il Mezzogiorno ha tutte le carte in regola per diventare l’’hub energetico del Paese e il ponte dell’Europa nel Mediterraneo. Un tema che non a caso sarà al centro di Feuromed, il Festival Euromediterraneo dell’Economia, organizzato dal Quotidiano del Sud, in programma a Napoli fra il 18 e il 20 aprile prosssimi. Alcuni tasselli della grande trasformazione del Mezzogiorno in un asset strategico per l’Europa sono stati sistemati qualche mese fa, con il via libera dei due rigassificatori on shore a Porte Empedocle e Gioia Tauro e con i due porti dell’eolico offshore che saranno localizzati sempre nel Meridione. Interventi che consentono tra qualità e quantità di risorse naturali disponibili, grandi piattaforme digitali, una nuova filiera merceologica e un altro mezzo miliardo di investimenti pubblici che ne mobilitano a loro volta di privati. Il tutto inserito nel contesto del Piano Mattei per l’Africa, che comincia a fare i suoi primi passi e del REPowerEU che rappresenta per l’Italia “una importante sfida – come sottolineato dal ministro della Coesione, Raffaele Fitto – per trasformare il nostro paese nell’Hub energetico del mediterraneo”. Il piano prevede importanti investimenti proprio sulle reti del gas, in particolare nel Centro Italia, per collegare Sulmona con i porti siciliani, interventi necessari, si legge nel piano, “al fine di superare le strozzature che attualmente limitano i flussi da Sud, dal Nord Africa e dal Mar Caspio, destinati al Nord Italia e all’Europa.
L’Italia già oggi è in parte un hub dell’energia nel Mediterraneo per l’Europa, “con il REPowerEU questo ruolo verrà potenziato, anche con gli investimenti nelle reti gas”. Il primo capitolo degli investimenti, con risorse pari a 2,3 miliardi, è dedicato proprio al rafforzamento delle reti elettriche e del gas e riveste preminente carattere trategico, sia per la transizione ecologica sia per la sicurezza degli approvvigionamenti di gas dell’Italia e dell’Europa. L’Algeria, entro la fine dell’anno, dovrebbe raddoppiare le sue esportazioni mentre l’Egitto si sta preparando a vendere gas liquefatto all’Italia. L’obiettivo del governo è di azzerare entro l’anno prossimo tutte le forniture dalla Russia e, nello stesso tempo, presentarsi al resto d’Europa come hub energetico del Mediterraneo. Il Sud, insomma, è pronto a fare la sua parte per sostituire o integrare il gas che non arriverà più dalla Russia con quello importato dall’Africa.