“(…) Il giorno dopo l’arrivo del Papa nella sua Cassano allo Jonio, il segretario della Conferenza episcopale italiana monsignor Nunzio Galantino ripercorre con LA REPUBBLICA i passaggi più significativi della visita. Monsignore, dopo le parole di Francesco cosa viene chiesto alla Chiesa rispetto alla mafia, cosa ai suoi sacerdoti? ‘Anzitutto vorrei ricordare che parole forti in merito le avevano dette anche i predecessori di Francesco, ricordo in particolare Giovanni Paolo II. Ma è evidente che dopo l’intervento di sabato a Cassano nessuno, anche nella Chiesa, può far più finta di niente. Non ci sono vie di mezzo. O si serve Dio oppure si idolatra il denaro, con tutto ciò che ne segue. Certo, le difficoltà pastorali esistono.
Ad esempio: se un sacerdote di una parrocchia sa – perché spesso le cose si conoscono – che una persona è mafiosa, come può ancora pensare che questa possa fare il padrino di battesimo o di cresima? O come può pensare che possa partecipare ai sacramenti? Quello che serve ora è maggiore consapevolezza e insieme capacità di discernimento. Perché non si può portare un’esperienza religiosa fra la gente senza comprendere che ci sono risvolti concreti che non si possono trascurare. Certo, insieme non si deve dimenticare che il richiamo del Papa è anzitutto teologico: ha voluto ricordare che coloro che vivono in un certo modo sono fuori dalla comunione con Dio. E per questo ha voluto richiamarli alla conversione, a tornare con Dio. Perché anche quest’aspetto deve essere ben chiaro: chi ha scelto il male può pentirsi, chiedere perdono e cambiare vita.
La cesura nella relazione con Dio c’è soltanto per scelta volontaria e per la decisione di continuare a scegliere il male al posto del bene’. (…) ‘Dio aspetta tutti, nessuno escluso. Questo è il messaggio che ha voluto dare anche ai mafiosi. Ricordare loro che la vita che conducono è un’esistenza da scomunicati, e insieme spingerli a cambiare veste nella consapevolezza d’essere peccatori’ (…)”