Di Raffaele Ambrosino
A due settimane dal voto per il rinnovo del consiglio comunale di Napoli, c’è una domanda che frulla con insistenza nel variegato esercito di candidati agli scranni nell’assise di via Verdi: quanti voti ci vogliono per essere eletti consigliere?
Calcolando che il partito più nutrito nel panorama politico, fuori e dentro Napoli, è quello dell’astensione, si stima che in città voteranno circa 400mila elettori, pari a circa il 50 per cento degli aventi diritto, per scegliere, oltre l’inquilino di Palazzo San Giacomo, anche i consiglieri che, per la prima volta, scenderanno a quota 40.
Con il premio di maggioranza, se assegnato, 24 consiglieri (60%) andranno alla coalizione vincente e 16 (40%) alle coalizioni perdenti. I 24 consiglieri sono un il “bottino” che le liste vittoriose si spartiranno proporzionalmente ai voti di lista conseguiti. Se vince un candidato sindaco supportato da una coalizione di più liste, i seggi vengono assegnati proporzionalmente e saranno eletti i candidati che avranno ottenuto le migliori performance in termini di preferenze personali nelle liste vittoriose.
Su grandi linee, diciamo un eletto ogni 8mila voti di lista (circa il 2%) e la possibilità di entrare in consiglio comunale anche con qualche centinaio di voti.
Le coalizioni o le liste battute, a patto che superino almeno il 3%, invece, si divideranno proporzionalmente i rimanenti 16 seggi. Posti da assegnare ad ogni singola lista, diciamo un seggio ogni 14 mila voti (circa 3,5%), non facili da mettere insieme per le tantissime liste civiche. In molti casi, si tratta di liste “last minute” dai nomi fantasiosi, presentate a supporto di alcuni candidati sindaco.
Più voti di lista si aggiudica il simbolo, più seggi verranno attribuiti. Se il totale dei voti di lista non è sufficiente a far scattare l’attribuzione di un seggio, non potrebbero bastare nemmeno migliaia di voti di preferenza assegnati a un candidato. Se, invece, una lista riceve caterve di voti, e magari si è nella coalizione vincente, si può diventare consigliere anche con soli 200/300 voti.
Questo metodo di attribuzione genera inevitabilmente anche situazioni paradossali: entra in consiglio chi raccatta pochi voti e resta fuori chi ha raggiunto un consenso di migliaia di preferenze.
Se, ad esempio, vincesse il candidato sindaco del Movimento 5 Stelle, che ha presentato una sola lista di candidati a supporto, verrebbero eletti consiglieri comunali i primi 24 classificati dei 40 in lista in base alle preferenze personali ricevute. E il ventiquattresimo potrebbe anche aver raccolto un consenso irrisorio. Guardando alle amministrative di cinque anni fa, non sarebbe una novità.
[…] Fuori dal consiglio comunale di Napoli nonostante una caterva di voti? E’ la legge elettorale, bel… […]