«Prudenza», è la parola chiave che circola in queste ore al ministero del Tesoro. Giovanni Tria è al lavoro mentre si susseguono le riunioni tecniche in attesa del decreto della prossima settimana e mentre dalle varie tribune i due vicepremier Salvini e Di Maio giocano al rialzo. È soprattutto il ministro del Lavoro e delle Sviluppo grillino ad alzare il tono: definisce la mancanza di coperture al “decreto dignità” segnalata dalla Ragioneria dello Stato «una leggenda metropolitana», dice che non torna indietro sul gioco d’azzardo, ribadisce la stretta sulle delocalizzazioni e torna ad invocare “quota 100” sulle pensioni, ma conferma che il “decretone” sta perdendo pezzi a partire dai voucher fino ai contratti di somministrazione. Di Maio non cita la parte fiscale che dovrebbe ormai essere stralciata dal testo perché costa troppo e abbassa la guardia sull’evasione. E così nel primo importante provvedimento del governo gialloverde dovrebbe restare essenzialmente il pacchetto lavoro con la mini stretta sui contratti a termine (taglio alle proroghe da 5 a 4 nell’arco di 36 mesi e la reintroduzione delle causali dal primo rinnovo). Anche Salvini è in pressing. Il leader leghista è tornato ad auspicare la fiat tax già da quest’anno anche se solo per partite Iva e professioni. Al Tesoro invece prevale la realpolitik di Tria e l’invito alla prudenza. Sulla base di due considerazioni: la prima riguarda il debito e i mercati finanziari; l’altra l’Europa. Sul tavolo del ministro c’è al momento un quadro macro tendenziale che indica per il 2019 una discesa del rapporto deficit-Pil allo 0,8 per cento. Con questa cifra il debito pubblico inizierebbe un percorso discendente e sarebbe bene non mettere a “repentaglio” questo trend perché il consolidamento di bilancio serve anche per mantenere la fiducia nei mercati.