Antonio Troise
Ora la vera sfida è convincere Bruxelles e i mercati a scommettere sull’Italia che vuole cambiare. Renzi chiede aperture di credito, non sollecita elemosine. La decisione di finanziare il taglio delle tasse, portando il deficit fino a ridosso del 3%, è il segnale, inequivocabile, di un Paese che vuole riconquistare i suoi margini di autonomia in una situazione di estrema difficoltà e di tensione sociale. Sarà difficile spiegare alla Merkel o agli altri falchi del rigore monetario come sia possibile ridurre le tasse e dare dieci miliardi di euro a dieci milioni di italiani in un Paese che, appena un anno fa, era sull’orlo del default e che ha ancora un debito pubblico astronomico sulle spalle. Il premier dovrà sfoderare tanti sorrisi incoraggianti per far capire che il suo programma di riforme andrà avanti a tempo di record, una al mese, nonostante i vent’anni di ritardi e rinvii accumulati proprio su questo fronte. Ma, soprattutto, Renzi dovrà ottenere la fiducia dei mercati sulla tenuta dei nostri conti e sulla capacità del Paese di onorare tutti gli impegni. La stagione della spesa facile accompagnata da tagli virtuali o coperture incerte è finita da tempo.
Il pacchetto di misure annunciato dal governo accontenta la Cgil, scontenta (in parte) la Confindustria, colpisce al cuore quel potere finanziario che fino a ieri aveva di fatto guidato la politica economica del Paese. La svolta di Renzi, la più importante, è essere tornato a occuparsi dell’economia reale, delle famiglie e dei lavoratori che non arrivano alla fine del mese, delle imprese (soprattutto piccole e piccolissime), che devono fare conti con costi dell’energia e contributi ormai fuori mercato, dei Comuni che non possono spendere un euro (a causa delle casse vuote o del patto di stabilità) per rimettere in sesto scuole ormai a pezzi o per far ripartire l’edilizia pubblica.
La ricetta del premier, da questo punto di vista, non fa una piega: tagliare le tasse per dare ossigeno ai consumi, ridurre il costo del lavoro per dare competitività alle imprese. Forse è troppo chiamare cura-choc il pacchetto che sarà varato nei prossimi giorni: le somme in gioco sono ancora limitate considerando i cinque anni di crisi e di sacrifici che ci lasciamo alle spalle. Ma il dado è tratto. Renzi si gioca la partita della sua vita. Ma questa volta, soprattutto per il bene del Paese, non sono ammessi giochetti o carte truccate: il cambiamento dovrà essere serio e accompagnato da interventi strutturali e credibili, nel segno del rigore e della crescita.