– Antonio Troise –

C’è matrimonio e matrimonio. Ci sono quelli destinati a finire presto e quelli che, invece, durano una vita. Non sappiamo quale sarà il destino dell’unione fra Fiat-Chrysler e Peugeot- Citroën annunciato in pompa magna in queste ultime ore. E non sappiamo neanche con esattezza chi saranno i promessi sposi di Alitalia. Ma possiamo, invece, dire che il primo, quello italo-francese, ha tutte le carte in regola per segnalare la vittoria del mercato. Il secondo, rischia di passare alla storia come l’ennesimo caso di fallimento della politica.

Per la Fiat, scalare la classifica e arrivare oltre il limite dei sei milioni di auto prodotte all’anno, non era solo un’opzione. Ma un obbligo in un settore dove le dimensioni contano sempre di più, così come la mole di investimenti necessari per star dietro alle rivoluzioni della tecnologia. A cominciare, ovviamente, dalla nuova frontiera dell’elettrico. Una strada, per la verità, che era stata ampiamente annunciata da Sergio Marchionne e che ora, con Fca- Peugeot, potrebbe trasformarsi in realtà. I due gruppi, messi insieme, hanno una capacità di circa 8 milioni di autoveicoli e sono i quindi in grado di restare nel ristrettissimo gotha dei 4-5 produttori mondiali che si contenderanno il mercato.

Completamente diverso, invece, lo scenario di Alitalia, dove si profila un matrimonio di interessi più che di affari. Dove i possibili pretendenti sembrano mossi da sollecitazioni e strategie che hanno poco a che fare con le logiche economiche o di mercato. Lufthansa che proprio ieri ha annunciato la sua intenzione di entrare nel capitale della compagnia mettendo sul tavolo 150 milioni, ha soprattutto l’interesse di rafforzarsi sul mercato italiano. Atlantia, al di là del destino delle concessioni autostradali, vuole difendere uno dei suoi asset più importanti, quello di Fiumicino. Ferrovie e ministero dell’Economia, infine, sono mossi dagli input di una politica che vuole difendere a tutti i costi gli aerei di Stato. Il risultato è che, da un prestito ponte all’altro, i contribuenti hanno già sborsato almeno 4 miliardi sull’altare della compagnia. E, almeno per il momento, non si capisce ancora bene quale sarà il suo destino.

La verità è che, dietro alle differenze fra i due matrimoni che continueranno ad occupare la scena dell’economia nelle prossime settimane, c’è soprattutto un dato. Nel caso di Fca e Peugeot la regia è tutta nelle mani di imprenditori privati, che rischiano i propri capitali in mercati fortemente contendibili. Sull’altro fronte, invece, nella cabina di regia ci sono partiti che da tempo hanno perso la bussola del mercato e smarrito la strada di una politica industriale in grado di rilanciare il Paese. Su questo fronte non bastano le promesse: un matrimonio riesce solo se si basa su impegni concreti e su fatti certi. Altrimenti rischia di fallire prima ancora della luna di miele.