Gli stranieri non ci rubano il lavoro, producono il 9% del nostro Pil (139 miliardi) e se andassero via i 2,4 milioni di disoccupati italiani non sarebbero in grado di sostituirli. Sono questi i dati che emergono dalla ricerca “Gli stranieri ci rubano il lavoro?”, svolta dalla Fondazione Leone Moressa di Mestre, con il sostegno di Money Gram, e presentata ieri a Roma. Un lavoro complessivo che smonta una delle fake news più diffuse soprattutto sui social. Infatti, italiani e stranieri fanno lavori diversi e sostanzialmente complementari. Gli stranieri svolgono soprattutto lavori manuali (in agricoltura, cura e assistenza della persona, manifattura) mentre gli italiani sono principalmente lavoratori qualificati e con un titolo di studio più elevato.

Passaggio non secondario, se è vero come è vero che negli ultimi 9 anni la quota di stranieri con un diploma di scuola secondaria superiore si è ancora ridotto e non è neppure aumentata la quota dei laureati. Dai dati Istat, presi a riferimento, emerge come il 47% degli occupati italiani ha un diploma, mentre la metà degli stranieri ha al massimo la licenza media. Insomma, se uno straniero smette di fare il bracciante, un italiano non va a sostituirlo, ma non perché “non vuole fare quel lavoro”, sottolineano dalla Fondazione Moressa, piuttosto perché ha studiato ed è preparato per fare altro.

Un altro aspetto è che l’Italia attraversa, «una fase di invecchiamento e calo complessivo dovuta a diversi fattori: bassa natalità, elevata speranza di vita, aumento dell’emigrazione e calo dell’immigrazione.

Le conseguenze di questo fenomeno si manifestano già oggi nel calo della popolazione in età lavorativa (15-64 anni): tra gli italiani questa componente è scesa da 36,8 milioni del 2004 a 34,7 milioni nel 2018. Gli stranieri hanno di fatto arginato questo fenomeno, mantenendo costante il volume complessivo oltre i 38 milioni».