Roberta Gregori
E’ un Erri De Luca più intimo, “così com’è”, quello che si mostra ai suoi lettori in un incontro in una libreria italiana di Parigi, La Libreria, lo scorso 11 maggio. Un pubblico accorso così numeroso che lo scrittore fatica ad aprirsi un varco tra la gente, assiepata su sedie, scaffali e i più a terra, per raggiungere la sua postazione, una poltroncina che cederà invece a una signora. Rimanendo in piedi per l’intera durata della serata, parla e risponde alle domande del pubblico con generosità e semplicità e non si risparmia nemmeno quando alla fine la stessa piccola folla si mette in coda per salutarlo, chiedergli un autografo o una foto.
Erri De Luca ricorda, da lettore, il suo rapporto con il libro, che deve “portare” chi legge e non essere un peso, altrimenti non vale la pena terminarlo, e di come sia “ a finitura” ovvero una combinazione che il lettore trova tra le pagine scritte e la sua vita personale. Da scrittore, invece, spiega come la scrittura gli permetta che i ricordi prolunghino il risultato della vita e di essere il resto solido della vita evaporata, un po’ come il sale rimasto sugli scogli quando l’acqua dell’onda è evaporata, lasciando le tracce della vita che era il mare.
Rispondendo ad una domanda, parla della traduzione e di come il traduttore debba mantenere l’ammirazione verso la pagina, senza mettersi al posto dell’autore. Ringrazia poi la sua traduttrice francese, Danièle Valin, per averlo fatto diventare uno scrittore francese e con la quale i malintesi sono dovuti solo per quel sale troppo evaporato nella sua scrittura. Sorridendo, dice di avere il sospetto che la traduzione sia migliore dei suoi scritti e che bisognerebbe prendere la traduzione e riportarla all’italiano!
Distingue poi la prosa dalla poesia, mentre nella prima cammina a piedi, sapendo dove cadono i suoi passi, nella seconda dice di rimanere impreciso come se avanzasse su un cavallo al quale non può dire dove mettere le zampe. “Sono qualcuno che cammina a piedi” conclude, anche se per me, da lettrice, è anche un perfetto cavallerizzo.
Oltre alle varie raccolte di poesie pubblicate da Einaudi e Feltrinelli, le poesie di Erri De Luca, ed altri testi, possono essere lette nel sito della sua fondazione, http://fondazionerrideluca.com/. Mi piace riportare qui di seguito una pubblicata lo scorso 3 giugno per la sua bellezza.
Non ho madre né padre.
Pare ci sia un tempo regolamentare,
poi a un figlio non spettano più.
Lo chiamano E’lavita.
Come spiegazione non mi basta.
Sono rimasto figlio, il padre di nessuno.
Da figlio vorrei qualche volta
fare visita, una telefonata,
portare un regalo.
I loro compleanni
sono i giorni che guardo le fotografie.
Mi piacciono quelle
con loro due giovani
e io neanche un’ipotesi.
Mi piace la loro vita
prima del 1950,
Hanno una serietà ironia
che non ho ricevuto.
Mi pento di avere dato via
le loro scarpe.
Se tornano mi chiederanno conto
di non custodire
la forma dei piedi,
la suola dei passi.
Quando li sogno
non stanno più insieme,
vengono a turno in visita,
non parlano, si lasciano abbracciare.
Il tempo non mi abitua,
pure oggi è il giorno dopo
della separazione da quei due.
Solo quando mi succede un guaio
dico meglio così, che non l’hanno saputo.