Duemila anni dopo, i cardini della porticina che apre il larario destinato al culto delle divinità domestiche nel mondo romano, funzionano ancora. Il legno carbonizzato, esposto alle temperature feroci sprigionate dall’eruzione del Vesuvio del 79 dopo Cristo, restituisce la drammaticità di un istante in cui il tempo si è fermato. Tranne che per qualche pezzo, occasionalmente in giro per mostre internazionali, non sono mai stati esposti al pubblico i tesori archeologici custoditi nei depositi degli scavi di Ercolano.
C’è anche un altro larario, in questo caso abbellito da raffinati capitelli in marmo, una straordinaria fontana in bronzo rinvenuta nella palestra della città antica. Dalla bocca dei Serpenti fuori usciva l’acqua che alimentava una piscina: testimonianze preziose di una civiltà raffinata. Una dimensione estetica nella vita quotidiana che ricorre ovunque.
Incantano le figure scolpite con straordinaria maestria nei bassorilievi in marmo. Partecipazione e la parola d’ordine anche per questo 2018 della direzione del Parco Archeologico di Ercolano, con la riforma del Ministero per i Beni Culturali, divenuto museo autonomo.