Di Chiara Comenducci
Sono le 8 di mattina di una giornata primaverile di fine marzo. Mentre gli uccellini cinguettano e svolazzano sugli alberi in fiore, davanti a me appare nitida una lunga, interminabile fila che mi aspetta davanti alla sede romana di Equitalia sulla Cristoforo Colombo. Persone di tutte le età. In tasca la lettera che mi invita a rottamare una cartella per una vecchia multa. Sono solo le 8, ma è già molto tardi per Equitalia, o meglio per i debitori che davanti ai cancelli dell’agenzia della riscossione si affollano già dalle 6 di questa mattina. Mentre il Governo vara il decreto legge che proroga al 21 aprile la scadenza, prendo posto in coda alla fila e noto subito l’irritazione delle persone che mi precedono. C’è chi ha ricevuto richieste di soldi per avanzare nella fila in strada: “Ma come si può pagare un numeretto ancora prima di entrare dentro Equitalia? Io gli ho detto che non lo volevo”, dice una signora. “Ma chi era uno zingaro?”, le risponde un’altra, “Non credo. È semplicemente gente che vive di questo”.
La fila continua ad aumentare, decine e decine di persone che formano una grande “L” sul marciapiede che costeggia un piccolo parcheggio proprio sotto Equitalia. Quando si aprono le porte, è un fiume in piena trattenuto dagli addetti di Equitalia che, come vigili urbani, regolano le entrate. Sembra l’apertura dei macelli per le mucche che ad una ad una entrano lente, forse consapevoli del proprio destino.
Il tempo passa. Si chiacchiera: “qui c’è scritto che già più di 600mila persone hanno rottamato la cartella, ci riuscirò anche io”, dice un signore con un giornale in mano. “Avranno fatto sta fila?”, risponde un altro. Una ventina di minuti più tardi arriva una signora in macchina che cerca di accedere al parcheggio riservato nell’area davanti alla sede. La fila si divide, un po’ avanti e un po’ dietro la sbarra, per lasciare entrare la macchina ma nulla: la sbarra si rifiuta di fare il suo lavoro. La signora in macchina sembra convinta che sia la fila a ostacolare il flusso elettromagnetico che dovrebbe innescare l’apertura della sbarra, ed esorta la fila a spostarsi. “E che te lo dico a fare”, dicono due signore davanti a me. Risate e grida invadono la fila: “Aspè famme spostà, che la signora è convinta che sto bloccando il flusso elettromagnetico” dice una. E l’altra: “Annamo bene”. Da chi è in fila più lontano si levano risate e schiamazzi. Una signora con una macchinetta digitale scatta foto perché “Non ci si crede a una cosa del genere”. La signora in auto, presa dalla furia, se la prende con chi è in fila: “non lo vedete che c’è una sbarra? La fila andava creata dall’altro lato. Ma lo accendete il cervello?”. Bene. Ottimo inizio di giornata!
Alle 9 finalmente è il mio turno per entrare ad Equitalia e mi trovo al banco accettazione. Penso fra me e me, “Neanche così male, di fatto c’è anche qualcuno che ti spiega come fare”. Non faccio in tempo a finire il pensiero che è il mio turno. “Buongiorno, sono qui per l’adesione alla definizione agevolata e per richiedere la situazione debitoria complessiva”, dico all’addetto. E arriva subito la doccia fredda. “Bene, allora per la richiesta documenti ci vorrà più o meno una mezz’ora, mentre per richiedere la definizione agevolata saranno minimo tre ore”. “Va bene”, rispondo rassegnata. “Ma glielo dico c’è molto da aspettare, forse le conviene tornare un altro giorno e venire prima”. “No, no va bene così. Grazie”.
Da ingenua pensavo che la fila fosse fuori, che lo scoglio più grande l’avessi passato varcando la soglia di Equitalia. Ovviamente “Ma de che!” come dice in romano verace un signore entrato con me. La situazione all’interno è molto simile al far west: c’è gente che cerca di compilare i moduli chiedendo aiuto al vicino, c’è chi si lamenta, chi protesta contro il fisco nemico. La maggior parte è con la testa china sullo smartphone, altri ancora parlano al cellulare. Ci sono in tutto 5 file, la mia è arrivata al numero T026. “Bene io ho il numero T138, ma mi aveva avvertito l’addetto all’accoglienza”. Prendo posto fra gli scomodissimi sedili simili a quelli dello stadio, anche se durante la partita senti meno la scomodità perché c’è l’adrenalina, l’emozione per la squadra. Qui al massimo qualche arrabbiatura e stanchezza che le rendono, se possibile, ancora più scomode di quello che sono. Decido di prendere un caffè ma ovviamente c’è la fila anche lì e non solo: c’è fila anche per andare in bagno. Insomma a Equitalia è tutta una fila. C’è una fila per fare qualsiasi cosa. Almeno per il caffè e il bagno non danno il numeretto!
Alle 10 il tabellone segna numero T044. Decido di seguire il consiglio dell’addetto all’accoglienza e ritentare all’alba. Nel frattempo ho fatto amicizia anche io, quindi cedo il mio numero a un signore, che aveva ceduto il posto a una signora dicendole: “Non ti preoccupare, tanto una persona in più davanti non mi cambia la vita”. E allora decido di favorire lui: la vita non cambierà, ma magari riuscirà ad uscire qualche ora prima.. si spera!