Tre bunker nel nel cuore della Locride, dentro le abitazioni o affianco, nascosti da blocchi di cemento piazzati su binari così da essere scorrevoli. Oppure accessibili attraverso congegni elettronici, sempre più sofisticati: apparentemente niente di più di una presa di corrente sulla parete esterna.
La Ndrangheta si attrezza resistere e nasconde i suoi latitanti. Ma i gruppi specializzati dei carabinieri stanno passando al setaccio centri grandi e piccoli dell’Aspromonte.
A Platì, dove prima esisteva una città sotterranea, il bunker scoperto si trovava al piano terra della casa di un sessantenne: lì dove c’era la cantina c’è un passaggio lungo 3 metri da cui era possibile entrare rimuovendo un blocco di cemento.
Tutto era gestito attraverso un telecomando azionabile dall’interno dell’abitazione.
A Cimina dove rimangono aperte le ferite per la faida che tra gli anni 80 e 90 ha fatto decine e decine di vittime, sono stati individuati due bunker erano collegati ad una casa nel centro storico: si aprivano tirando il filo elettrico di una presa esterna. Sono bunker di latitanti di primo piano.