“ll colpo assestato dalla crisi alla nostra manifattura «è stato il più violento in tempi di pace dall’Unità d’Italia». Ma ha fatto più male li dove la vocazione manifatturiera era già più bassa, al Sud, «con cali anche del 30%». Aggravando se possibile ancora di più la «questione meridionale». E così il solco tra Nord e Sud è diventato più profondo. Tanto che il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi ieri è tornato più volte sull’allarme Mezzogiorno rimarcando come la legge di stabilità pecchi di «un’insufficiente attenzione verso i problemi del Sud» mentre bisognerebbe «cercare di avvicinare il più possibile il Pil a quello del nord», puntando magari a una produzio-
ne manifatturiera diversa e specializzata.
I numeri di questo faglia economica che divide in due il Paese sono messi in fila dal Csc nel suo studio. A partire
proprio dal Pil: crollato negli anni della crisi del 13,3% (contro il 7% del Centro Nord), «con un arretramento più
marcato degli investimenti fissi lordi, delle esportazionie dell’occupazione». E con la ricchezza pro-capite che nel
Mezzogiorno oggi vale il 64,7% della media italiana.