Il Ministero per il Sud e la Coesione territoriale aveva fissato al 12 novembre scorso il termine perentorio per la presentazione delle candidature riservate alle aree urbane con contesti marginalizzati nelle Regioni meridionali. L’intento della misura risiedeva nel voler promuovere progetti che avessero tenuto insieme il valore innovativo, la riqualificazione e rifunzionalizzazione dei siti nei quali immaginati. Il concorso di idee e progettualità avrebbe dovuto essere rappresentato da luoghi di contaminazione e collaborazione tra Università, Centri di ricerca, settore privato, società civile e Istituzioni, e sarebbe stato rivolto allo sviluppo di idee e soluzioni innovative. Le finanze del bando avrebbero attinto al Fondo complementare per la Coesione Sociale per un ammontare complessivo di 350M€ da spalmare nel quinquennio ’22/26. Per ogni progettualità ritenuta valida si sarebbe potuto usufruire di un finanziamento compreso tra 10 e 90M€ complessivi a totale finanziamento coperto dallo Stato.
L’opportunità era, esclusivamente, riservata ai contesti urbani marginalizzati delle Regioni meridionali. Pertanto ex aree industriali, edifici storici, fabbricati senza specifiche funzioni, avrebbero cambiato destinazione d’uso trasformarsi in luoghi di ricerca e sperimentazione per il lavoro congiunto di Impresa, Università ed Amministrazioni. Il tutto fedele ad una rinnovata visione green foriera di rifunzionalizzazione strutturale di porzioni d’aree comunali. Queste, da lande desolate e periferiche, sarebbero state destinate a consono reinserimento in nuovi contesti funzionali creando i presupposti per la crescita armoniosa dei relativi ambiti urbani. E quali aree meglio dell’ex sito industriale a Crotone o della dismessa area di Cutura a Corigliano-Rossano avrebbero fatto al caso nostro? Probabilmente poche al Sud Italia!
La realtà, purtroppo è amara. Le Amministrazioni Sibarita e Crotoniate, non hanno concorso al bando. Pertanto nessuna possibilità, nel prossimo futuro, per l’ex sito Montedison/Pertusola così come per l’ex centrale Enel. Certamente avrebbero trovato terreno fertile rappresentando aree comunali mai perfettamente integrate ai relativi contesti e bisognose, più di altre, di processi di ricucitura, restiling, innovazione e bonifica.
Oggi il dato inoppugnabile è che l’area Magnograeca è fuori, anche in questo caso, da flussi di finanziamento di cui godono solitamente i centri di potere centralisti. Ciò non costituisce una novità d’altronde, ed è questa una delle ragioni di fondo per cui nasce il Comitato della Magna Graecia: la pari dignità territoriale, anche in questo caso calpestata. Non sta al Comitato individuare i livelli di responsabilità circa la grave esclusione. Ciò che si riscontra è la cappa di silenzio attorno all’accaduto. Il Sindaco di Corigliano Rossano parla sulla base di “voci di corridoio” e accusa l’Unical, i sindacati si rivolgono all’Ateneo chiedendo un immediato intervento circa la possibilità di inserire nella progettualità il sito energetico e nessuno risponde. Il dato inquietante è che nessuno risponde a nessuno. Non una conferenza stampa da parte dei soggetti chiamati in causa per spiegare l’accaduto, non un comunicato a chiariment o uno straccio di dichiarazione per capire il perché le due città dello Jonio siano rimaste fuori dai flussi di finanziamento. Il passato ci restituisce uno spaccato storico ormai cronico: l’atavico disinteresse dell’Università calabrese a tutto ciò che esuli da un contesto squisitamente Cosenza-centrico. Tra l’altro il deleterio atteggiamento dell’Unical si era palesato anche nei confronti dell’Amministrazione pitagorica che non ha sentito neanche il bisogno di lamentarsi nei confronti dell’Unical con la quale tra l’altro nel passato recente si era costituito il consorzio Cultura e Innovazione per dare vita al distretto dei beni archeologici della Calabria.
A suffragio di quanto su detto arrivano, anche, le recenti dichiarazioni apparse sulla stampa da parte dell’ex Ministro e già Rettore dell’Università Mediterranea di RC, Alessandro Bianchi, il quale ha marchiato l’Ateneo cosentino come chiuso sulle sue posizioni e, sostanzialmente, avvitato su sè stesso https://icalabresi.it/interviste/luniversita-della-calabria-fatica-a-guardare-oltre-se-stessa/?fbclid=IwAR2s2YXtdbngpXBWCFPFWkioj4TCQiCg5fI-AL3Qft3RudQi2O-V1eZkGFQ.
Ancora una volta le amministrazioni joniche schiaffeggiate dai poteri centralisti che non degnano neanche di risposta chi chiede lumi. Per non parlare della cultura prevalente dei baronati universitari che pone l’area jonica in un contesto marginale e sottostimato. Nel frattempo si perdono ulteriori opportunità di riscatto, che avrebbero generato anche un ritorno notevole in termini di offerta di lavoro, per i territori dell’Arco Jonico Magnograeco. Nell’Italia della politica che vanta principi di meritocrazia, oggi i responsabili di quanto è accaduto dovrebbero dimettersi perché la posta in palio è alta. Gli effetti sono devastanti e a pagare pegno sono i tanti giovani e meno giovani che potrebbero vivere nelle loro terre natie e, invece, sono costretti a emigrare al Nord o all’estero. E tutto questo a causa di un manipolo di incompetenti o, peggio, di pessimi registi incollati alle poltrone senza mai rispondere delle azioni poste in essere in danno ai territori. Chiediamo a chi di competenza di fare piena luce sull’accaduto e che vengano fuori i responsabili i quali non possono restare impuniti.