La prima conseguenza dell’esito referendario è che nel PD la leadership di Matteo Renzi è al capolinea. Facile prevedere che l’assalto al partito da parte della minoranza partirà subito. Bersani e Massimo D’Alema, leader del No, con Roberto Speranza potrebbero chiedere le dimissioni del segretario. Ma Renzi forse giocherà d’anticipo.
Beppe Grillo si era preparato al peggio, ma tira un sospiro di sollievo a metà. La festa è scontata e dovuta, le dichiarazioni entusiastiche perché il M5S è passato all’incasso della «sua» vittoria.
«È una mia vittoria, ditelo ovunque: solo grazie alla mia discesa in campo nelle ultime due settimane gli elettori moderati e indecisi si sono spostati sul No», scandisce raggiante in serata Berlusconi. Che di quella vittoria vuole raccogliere ora i frutti politici: «Pronto a un governo di larghe intese».
Dopo la prima sventagliata di exit poll, che danno il No in netto vantaggio, Salvini rompe ogni indugio, sfidando la scaramanzia: «E’ una vittoria di popolo contro i tre quarti dei poteri forti del mondo», esulta. Da Salvini di lotta, ecco a voi il Salvini di governo. O meglio: pronto per il governo. Lui sogna ad occhi aperti: «Siamo a disposizione per dare un’alternativa, visto che gli italiani hanno rottamato l’opzione Renzi».