L’Italia, un tempo felice, Terra di poeti, di pensatori e di tanti ottimi scrittori, conosciuti nel mondo e patrimonio caro al mondo, oggi rischia di vedersi cancellata la figura assolutamente importante dello scrittore, smontata dal digitale e sempre più indifferente alla società italiana.
Per falso e vuoto “populismo culturale” il nostro Paese è concretamente convinto che la sola cultura del futuro italiano sia quella del web, dove si può trovare di tutto e di più, ma dove e sempre più spesso ci sono, purtroppo, i soli surrogati di una pseudocultura o meglio dire di una cultura spazzatura che non giova assolutamente al nuovo italiano e soprattutto non giova ad un’umanità italiana, soprattutto giovanile, opportunamente capace di protagonismo e di utili saperi per conoscere le cose del mondo e costruire insieme nuovi percorsi di umanità condivisa.
Purtroppo anche la cultura, diventata cammin facendo, pseudocultura, è considerata in Italia un bene di consumo; un bene di consumo di massa, dove non è più di casa il dominus di sempre, ossia chi era capace di pensare e di scrivere per il pubblico, meglio rappresentato come il pubblico dei lettori che, nelle pagine scritte, ricche di saperi, di idee e di valori, ritrovava sempre il necessario per una forte e consapevole condizione umana e per un insieme capace di protagonismo condiviso, per costruire l’uomo sociale proiettato nel futuro possibile.
Per questo obiettivo di società in cammino nel nostro Paese, lo scrittore ha avuto un ruolo importante; un ruolo che, nonostante la crisi con le radici in pratiche culturali fortemente spurie nate dalle nuove tecnologie digitali del web, niente e nessuno potrà comunque, mai cancellare, come valore culturale acquisito di cui l’Italia ha sempre avuto bisogno, traendone vantaggi e benefici e di cui, anche nel “saggio” futuro, non si potrà assolutamente fare a meno.
Siamo, in Italia e nel mondo, ad un bivio. Non si può con leggerezza commettere l’errore di cancellare la voce narrante degli scrittori, mancando i quali, ci sarebbe un grave ed assordante vuoto di futuro.
Non si può nel nostro Paese, terra di pensatori e di poeti, fare a meno della voce amica dei pensatori e dei poeti; non si possono assolutamente cancellare gli scrittori.
Saremmo, se così fosse, ad un mondo, non mondo. Saremmo ad un mondo umanamente dismesso; ad un mondo di un opprimente vuoto umano, dal futuro fortemente negato.
Gli scrittori, i poeti, servono oggi più che mai all’Italia; servono alla gente italica che ha bisogno della loro voce, dei loro saperi, dei valori universali dei loro messaggi di umanità che non possono essere assolutamente cancellati e/o affidati ad altro, il surrogato del pensiero di chi scrive.
L’Italia, il mondo, senza il saggio pensiero degli scrittori, senza la loro coinvolgente umanità, senza la voce dei suoi poeti, dai valori infiniti, proprio non potrebbero vivere; l’Italia, il mondo senza di loro, avrebbero una assoluta difficoltà ad esistere come insieme umano; come mondo dell’anima, orfano della loro presenza, sarebbe un mondo senz’anima; sarebbe un mondo senza vita; sarebbe un mondo poco italiano; assolutamente poco, da futuro italiano.
L’allarme sulla fine degli scrittori nel nostro Paese è, purtroppo, un allarme fondato; fa parlare molto di sé.
Produce in tutti gli italiani, anche in quelli che sono indifferenti alla cultura, ai saperi, alla conoscenza, un comune senso di “allarme rosso” ed un appello condiviso di continuare a dare voce, creandone concretamente le condizioni, ai tanti scrittori e poeti italiani, saggi depositari di saperi, di conoscenza, di umanità e di valori che non possono essere assolutamente cancellati; che non possono essere negati a nessuno e tantomeno possono essere negati al futuro italiano.
Non possono essere negati ad un Paese con un passato di saperi umanistici che ci invidia il mondo ma che, maltrattati dal diffuso nanismo culturale delle false mode, ne fa, purtroppo, rischiare l’estinzione.
Siamo al tentativo di fare trionfare l’imbecillità; un tentativo che, come detto da M. Maccari, spinge tanti italiani di pensiero, a considerare un onore l’essere sconfitti.
Una condizione purtroppo triste; una condizione umanamente triste che, proprio non porta da nessuna parte, se non al disastro finale della società del nostro Paese, una società dalle crescenti dismissioni e dalle mancate opportunità di investimento, tra l’altro, anche per quella conoscenza, che in sé ha la grande forza di produrre, cambiamenti e sviluppo e che ha le sue concrete radici nel sapere dei libri.
I mali italiani hanno le loro radici nella società e nella prima cellula del pensiero condiviso che è la Scuola italiana, oggi fortemente ammalata, come dice Ignazio Visco, di “Analfabetismo funzionale”; produce indifferenza ed incapacità diffusa a capire il pensiero scritto e parlato degli altri nel ruolo di pensatori, di scrittori, di comunicatori, l’ossigeno-vita per il futuro italiano che, nanisticamente, si intende inopportunamente cancellare, facendosi male e facendo male ad un Paese impazzito che ha ormai perso la bussola per orientarsi nel futuro del mondo.
L’occasione per parlare di scrittori italiani nell’era digitale, assolutamente negata alla scrittura ed alla letteratura dalla crisi profonda, da vera e propria estinzione, ma assolutamente necessaria alla società italiana e del mondo, del presente e soprattutto del futuro, ci viene dalla presenza del sociologo francese Frederic Martel, a Milano (18-20 marzo 2016), nella giornata di apertura di “Bellissima” la nuova Fiera di libri e di cultura indipendente. Martel è autore dell’attualissimo studio pubblicato in Francia “La condizione dello scrittore nell’era digitale”, nonché autore del libro Mainstream e Smart, pubblicato in Italia da Feltrinelli.
Per Martel in Italia e nel mondo, il mondo del libro, come già quello del cinema e della musica, subirà e non poco, le gravi conseguenze dell’era digitale; ci saranno e sempre più, forme nuove di commercializzazione del libro con abbonamenti illimitati a piattaforme comprendenti migliaia di testi.
Già questo comportamento ha riguardato molto da vicino il cinema e la musica; per i libri, siamo in fase sperimentale, ma la tendenza, come ricordato a Milano da Martel, preoccupato di quanto accadrà al libro nel prossimo futuro, sarà purtroppo e sempre più, quella degli abbonamenti alle piattaforme per sola consultazione, determinandone così, la non necessità di acquisto.
Un cambiamento con conseguenze, a dir poco, sconvolgenti; l’abbonamento illimitato segnerà definitivamente, in assoluto, il futuro del libro in Italia e nel mondo.
Il libro diventerà così e sempre più, da prodotto culturale, del sapere e dell’impegno del pensiero umano, un bene di servizio o ancora oltre, di consumo per un consumismo di massa che caratterizza il nostro tempo fortemente confuso e, purtroppo, poco attento all’uomo ed ai saperi che ne determinano la consapevolezza e quella conoscenza-meditazione senza la quale è umanamente difficile costruire un futuro per l’uomo, che verrebbe a trovarsi solo ed orfano di idee di futuro.
Le prime gravi conseguenze di un tale diffuso cambiamento di una sempre meno umana attenzione al libro avverrà nel breve periodo; la carta stampata più in generale avrà crescenti difficoltà a sopravvivere nel mondo, ormai monopolizzato a senso unico da un digitale padrone unico e sempre meno disposto a cedere spazi ad altri come, il libro e tanti prodotti della carta stampata.
I più direttamente messi in discussione saranno gli autori (poeti, scrittori, pensatori) che vedranno ridursi i loro spazi, legati ad un mestiere antico, ma non più amico dei tempi moderni e con questi, i loro diritti; non sarà più di tanto, possibile vivere scrivendo libri. Vivere, come da tanto tempo è successo, della propria scrittura, una risorsa del pensiero umano, sempre più indifferente ai più, presi dal fascino consumistico di un digitale che, con i suoi allettanti surrogati, domina da padrone unico la scena, cancellando dalla società una figura importante, quello dello scrittore che, tra l’altro, riusciva a vivere scrivendo; che riusciva a vivere vendendo agli altri i suoi saperi, le sue conoscenze, la sua umanità che diventavano, cammin facendo saperi, conoscenze ed umanità fortemente condivisa.
La scomparsa del mestiere di scrittore, poeta, pensatore, è una scomparsa grave; molti libri, come ci dice Martel, non verranno più pensati e quindi non verranno più scritti; tanto, con un grave vuoto per il pensiero umano; tanto, con un danno rilevante per i saperi del mondo che si ritroveranno sempre più orfani di nuovi saperi e di nuovi contenuti del pensiero umano che rischia di essere inopportunamente cancellato.
Il fatto che diventi sempre più difficile vivere della propria scrittura, colpirà e sempre più, soprattutto i più deboli sul piano economico e sociale; colpirà i tanti che non hanno risorse per vivere e che non possono assolutamente dedicarsi con serenità alla scrittura.
Ne consegue che, tanti libri non saranno più scritti; non vedranno, per mancanza di risorse e di attenzione condivisa, mai più le loro pagine scritte e pubblicate.
Così facendo, quello dello scrittore, non è più un mestiere per poveri cristi; sarà di nuovo, come nel XIX secolo, un mestiere delle sole classi agiate, impoverendo così facendo, tutta la cultura, ridotta agli scenari tristi dei sepolcri imbiancati di un fariseismo senz’anima, con il privilegio di fare esprimere solo chi ha, esprimendosi a senso unico e come interprete e difensore del solo mondo dei privilegi; un mondo del pensiero unico, assolutamente indifferente ai tanti poveri cristi della Terra, purtroppo, sempre più umanamente negata ad un’umanità senz’anima, non solo nel proprio vivere quotidiano, ma anche nei pensieri e nei propri valori da ultimi della Terra; da rifiuti umani senza diritti, inopportunamente esclusi dal sapere e dalla conoscenza.
Con le amare prospettive dal futuro negato, in Italia e nel mondo, si avranno sempre meno scrittori, capaci di narrare le cose del mondo, per narrarsi; di raccontare, per raccontarsi, creando un insieme di trame dall’umanità condivisa.
Saranno sempre meno quelli che potranno esercitare l’attività di scrittori per viverci; oltre al loro attuale ruolo dello scrivere, gli scrittori (e non saranno molti) che continueranno a scrivere, dovranno accompagnare, senza fermarsi mai, il loro prodotto stampato, promuovendolo a rotazione, attraverso incontri pubblici, senza sottrarsi mai ad avere una loro visibilità digitale con la gestione di blog e di pagine di Facebook e Twitter.
E così, se gli scrittori avranno un futuro, devono sapere avvicinare al pubblico la loro immagine, spettacolarizzando al massimo la loro presenza; tanto, anche se non facile, è assolutamente necessario per tentare così di avvicinare le nuove generazioni al mondo dei libri, un mondo sempre più rifiutato, in quanto alle pagine scritte, all’odore dell’inchiostro che ha attirato a sé intere generazioni, si preferisce l’uso-abusato degli smartphone e dei tablet.
Al malessere del mondo si va ad aggiungere per i tanti scrittori italiani, un grave e diffuso malessere soprattutto italiano.
È quello dell’indifferenza; la classe creativa, ormai senz’anima, è sempre più a abbandonata a se stessa.
Se non ci fosse tanta, ma tanta diffusa miopia, nel confuso fare italiano sarebbe cosa veramente saggia e giusta, prendersi in mano il problema e riflettere attentamente sul ruolo dello scrittore in Italia, un ruolo che si può ritrovare in “Lo scrittore sociale. La condizione umana dello scrittore nell’era digitale”, un libro pensato e scritto da Martel per conto del Ministro della cultura francese. Sarebbe utile diffonderlo e farlo conoscere anche da noi; tanto, per occuparsi e preoccuparsi nel nostro Paese dei tanti protagonisti dimenticati che scrivono libri, narrando l’Italia e gli italiani.
Altro che rapporto! Altro che impegno condiviso! Da noi c’è tanta, tanta indifferenza per i saperi, per la cultura, per la comunicazione autentica. C’è una tombale indifferenza per gli scrittori ed i loro libri.
Da noi si pensa, con malvagia inopportunità, che la loro asfissiante crisi, sia assolutamente santa e benedetta.
Si pensa alla possibilità di vedere cancellati un po’ di rompiscatole. Dei rompiscatole in meno, sono secondo alcuni “imbecilli” italiani, un vero e proprio toccasana; tanto, per chi vuole governare- sgovernando, senza essere infastidito da chi pensa troppo; da chi scrive troppo e raccontando, raccontando, comunica troppo, non facendosi i fatti propri, ma rompendo a più non posso, le scatole al potere che vuole dormire sonni tranquilli, senza essere disturbato.
Quanta stupidità umana! Quanto nanismo culturale! Proprio non si vuol capire le cose sagge e giuste da fare per cambiare ed affrontare il futuro, sempre più umanamente difficile, soprattutto, per una sbagliata condizione di vita italiana che non sa e non vuole assolutamente darsi da fare per poter guarire dai tanti mali che hanno le loro profonde radici nella mancanza di cultura, prima ancora che nell’economia.
Che fare? Saggiamente fermarsi a riflettere e con un responsabile fare d’insieme, senza false e stupide sceneggiate attivarsi, per invertire il più possibile insieme la rotta, creando nel Paese una “società della conoscenza” rappresentata in larga parte dagli scrittori italiani; da quegli scrittori che, purtroppo, se non ci sono fatti nuovi, andranno scomparendo, lasciando intorno a sé macerie ed un assordante vuoto umano e sociale di un’Italia “dismessa” e disumanamente “delocalizzata”.
L’Italia di oggi e più oltre, l’Italia del futuro, proprio non può fare a meno della “società della conoscenza” e della creatività diffusa; trattasi di un importante valore italiano che, se saggiamente usato, può produrre, sviluppando idee condivise, l’atteso cambiamento e sviluppo italiano; un percorso ancora possibile per il futuro italiano sempre che ci sia l’humus adatto ed un attivo ambiente umano e culturale.
Tanto, grazie agli scrittori, ai pensatori ed ai valori delle umanità poetiche italiane; tutti insieme, possono creare quell’ambiente diffusamente creativo che serve all’Italia, maledettamente sedotta ed abbandonata; maledettamente disunita, verso una rovinosa deriva, senza appello e senza ritorno, se si dovesse verificare, tra l’altro, anche l’estinzione degli scrittori, una specie umana da conservare, in quanto serve più che mai, al futuro italiano che ha bisogno, tanto bisogno, del loro mondo creativo. Quella degli scrittori è una parte importante di noi italiani; una parte italiana a cui non si può assolutamente negare il futuro, lasciandola, come il resto della società italiana, nell’indifferenza, rovinosamente abbandonata a se stessa.
Giuseppe Lembo