E’ stato un discorso breve quello di Renzi di fronte all’Europarlamento di Strasburgo, al quale ha illustrato le linee generali del semestre di presidenza italiana dell’Ue. Un discorso che non è voluto entrare nei dettagli tecnici delle proposte politiche del nostro paese (che sono state depositate a parte da Renzi), ma che ha preferito fare appello a riferimenti ideali fortemente evocativi, a volte colti. Non è un caso che il presidente del Consiglio sia stato a più riprese interrotto dagli applausi, un riflesso quasi inevitabile di fronte a frasi di sicuro effetto come quella in cui Renzi ha dato una definizione suggestiva della sua generazione: “C’è una generazione nuova – ha detto Renzi – la generazione Telemaco, che ha di fronte un compito ancora più difficile di quello del figlio di Ulisse: quello di raccogliere l’eredità dei padri fondatori dell’Unione e assicurare un futuro a questa tradizione”.
Ma l’intervento di Renzi, fin dall’inizio, ha cercato di volare altro, ben al di sopra del linguaggio burocratico che più volte il premier ha rimproverato alla classe dirigente di Bruxelles, soprattutto nella parte in cui il premier celebrava il passaggio di testimone tra Grecia e Italia al timone dell’Ue: “qualcuno – ha detto – pensa al rapporto tra Anchise e Enea, tra Pericle e Cicerone. Grecia e Italia sono agorà e foro, il tempio e la Chiesa, il Partenone e il Colosseo. E invece non pensiamo a questo quando parliamo di Grecia e Italia e neanche al senso della vita, nonostante Aristotele e Dante, Archimede e Leonardo. Pensiamo alla crisi, allo spread, alle difficoltà finanziarie, perché è molto forte nel nostro corpo la ferita lasciata dalla recente difficoltà congiunturale economica”.
Una crisi che ha suggerito a Renzi una metafora che utilizza mode e gergo più attuali che mai, come quella del “selfie”: Se oggi L’Europa facesse un selfie emergerebbe il volto della stanchezza, della rassegnazione e della noia”, ha detto Renzi, che poi è passato al cuore delle questioni all’ordine del giorno del semestre: “La discussione economica non si riduce alla richiesta di cambiare le regole da parte di alcuni paesi ad altri – ha detto – abbiamo firmato tutti insieme un patto di stabilità e di crescita, c’è la stabilità ma anche la crescita e senza la crescita l’Europa non ha futuro. Rappresento un paese fondatore – ha proseguito il premier – noi italiani siamo tra quelli che danno di più di ciò che prendono. L’Italia viene qui a dire che per prima ha voglia di cambiare e lo dice con il coraggio e l’orgoglio di rappresentare l’Europa. Noi vogliamo rispettare le regole, c’è la stabilità ma c’è anche la crescita. Senza crescita non c’è futuro. Non chiediamo un giudizio sul passato, ci interessa cominciare il futuro. Noi siamo una comunità, non un’espressione geografica”. Un’Italia che però “non va in Europa per chiedere, ma per dare”, e per semplificare: “La semplicità è una grande battaglia politica, la smart Europe che vogliamo, la dobbiamo costruire tutti insieme”.
Impossibile evitare il tema delle frontiere e dell’immigrazione, vista anche la drammatica attualità: “L’Europa deve tornare a essere una frontiera. Lo è se guardiamo alle carte geografiche e vediamo un Paese che ha il maggior numero di coste rispetto all’estensione territoriale: siamo una frontiera geograficamente. Questo ci pone molti problemi, ne sappiamo qualcosa noi in Italia in questo momento, quando le difficoltà in Libia stanno portando a una serie di stragi nel nostro Mediterraneo alle quali cerchiamo di far fronte con operazioni condivise dai capi di governo e dalla Commissione e riusciremo a far fronte in modo più deciso con il programma Frontex plus. Ma non è solo l’immigrazione il problema – ha aggiunto Rernzi – proviamo a rovesciare l’approccio: l’Africa deve vedere un protagonismo maggiore dell’Europa, non solo investimenti d’azienda, il tentativo è andare ad affrontare la questione energetica, ma anche nella dimensione umana”. Renzi ha speso parole anche per il momento di forte tensione tra i vertici europei e la Gran Bretagna, spiegando che “un’Europa senza il Regno Unito non è meno ricca, ma è meno Europa”. La replica, poi, è stata l’occasione per una polemica col capogruppo tedesco del Ppe Weber, che aveva messo in guardia l’Italia sul rispetto dei vincoli di bilancio: “Se il capogruppo del Ppe parlava per la Germania – ha replicato Renzi – vorrei ricordare che proprio in questa sala fu concesso al suo Paese non la flessibilità ma di violare i limiti, cosa che ha consentito alla Germania di crescere. Non abbiamo paura dei giudizi, ma dei pregiudizi. Il nostro paese non solo ha una grande storia ma ha un futuro. E se qualcuno immagina di venirgli a fare le lezioni ha sbagliato posto”.