“Dire che la regione non sapesse nulla dell’uso, da parte di Ilva, di acque provenienti dagli invasi dell’acquedotto, significa non aver letto la documentazione. Già dalla fase istruttoria della prima Aia, poi rilasciata nel 2011, la Regione aveva sollevato la questione delle acque utilizzate per il raffreddamento degli impianti: tanto è vero che con propria delibera di giunta nr. 1504 del 4 luglio 2011 la Puglia aveva chiesto, tra le altre prescrizioni, che fosse inserita la necessità che il gestore, entro 24 mesi predisponesse il sistema di distribuzione interna che permettesse l’utilizzo nei propri impianti produttivi in via prioritaria le acque provenienti dagli impianti reflui civili di Taranto Gennarini/Bellavista. E’ una questione ampiamente evidenziata e, peraltro, ripresa anche nella successiva Aia del 2012 rilasciata dal Ministro Clini”. Così l’Assessore alla Qualità dell’Ambiente della Regione Puglia torna sulla vicenda dell’uso delle acque potabili per gli impianti del siderurgico di Taranto.
“Non possiamo che essere contenti dell’eventuale apertura di un nuovo filone di indagine sulla vicenda certi come siamo che, questa volta, si verificherà l’attività anche di quei livelli decisionali nazionali che le autorizzazioni integrate ambientali le hanno effettivamente concesse – prosegue Nicastro – oltre che, perché no, anche a quelli che di volta in volta hanno innocuizzato gli effetti delle prescrizioni di cautela, anche regionali, con provvedimenti di ogni tipo, purché utili a dilatare i tempi rispetto all’esigenza di perfezionare i percorsi di ambientalizzazione. Penso, in particolare, alla legge 155 dell’agosto 2010. L’attività della magistratura di Taranto, tuttavia, non sarà sufficiente a scardinare le problematiche di natura ambientale che insistono sul territorio e per le quali, invece, sarà necessario ancora una volta che la politica, in particolare quella nazionale, decida finalmente di decidere e di dar corso alle proprie determinazioni fino in fondo”.
“Il dato più sconcertante in questo momento storico è la mancata pubblicazione del Piano ambientale dello stabilimento: si tratta della naturale conseguenza rispetto al centralismo romano su questi temi e di quanto lo stesso abbia, di fatto, esautorato completamente i territori e delegittimato le istituzioni locali. Mentre per gli altri decreti salva Ilva, nati e approvati in somma urgenza e con la nota schizofrenia sulle priorità cangianti, hanno sempre viaggiato in maniera spedita su cronoprogrammi assolutamente blindati ed efficaci, il Piano ambientale approvato giusto un mese fa con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri è ancora in un limbo pre-pubblicazione che, di fatto, ne congela l’efficacia. Si tratta dell’ennesima dimostrazione – conclude Nicastro che mentre Roma discute Taranto brucia e, soprattutto, la delegittimazione delle istituzioni locali, almeno negli ultimi tempi, ha elevato ad unico interlocutore del Governo il commissario straordinario ed il suo staff, senza che nessuno se ne sia scandalizzato”.