La partita della crisi è appena iniziata. Potrebbe chiudersi in un lampo o trascinarsi per un po’ fino ad esiti inaspettati (un nuovo governo). Il punto della situazione e di quel che potrà succedere dopo che Giuseppe Conte ha chiesto, con una lettera ai presidenti, di poter fare comunicazioni al Parlamento.

Lunedì 11 agosto. A mezzogiorno è convocata la riunione dei capigruppo del Senato. Le decisioni di merito possono essere tre: far parlare Conte, votare il testo della Lega, votare la mozione di sfiducia a Salvini come chiede il Pd. Quanto alle date, Salvini spinge per arrivare al voto di fiducia il 13 agosto; gli altri gruppi per una convocazione il 20 o addirittura 27 agosto. Probabile che la crisi verrà conclamata in Parlamento tra dieci giorni.

Martedì 12 agosto. Si riuniscela capigruppo della Camera. Il M5S propone una calendarizzazione immediata per la riforma costituzionale che taglia 345 parlamentari (230 a Montecitorio e 115 a Palazzo Madama) e a cui manca giusto l’ultimo sì dei deputati. La legge non dispiace a Matteo Renzi e soci mentre il nuovo segretario dem Nicola Zingaretti giudica la proposta una perdita di tempo: se la riforma passa, infatti, ci vogliono almeno sei mesi per adeguare la legge elettorale (collegi uninominali e circoscrizioni proporzionali) ai nuovi numeri.

13 o 20 agosto. In una di queste due date il premier Conte andrà a Palazzo Madama. Il presidente del Consiglio potrebbe parlare e poi andare a dimettersi (improbabile), potrebbe essere sfiduciato in Aula oppure addirittura vedere bocciata la mozione contro di lui (uscita dall’aula di Pd e sinistra, molte assenze in FI) ma certificando comunque la crisi politica della maggioranza che lo ha espresso finora. A quel punto, e in ogni caso, la palla passerebbe al Colle.

Dopo il 20 agosto. Sergio Mattarella avvierà, come da prassi, le consultazioni. Saranno molto veloci e a quel punto le scelte sono diverse: rinvio di Conte alle Camere per verificare se esiste una maggioranza, permanenza in carica per gli affari correnti fino alle elezioni. Oppure Mattarella potrebbe assegnare un mandato esplorativo: gira, in questo senso, il nome di Roberto Fico, terza carica dello Stato e profilo perfetto per l’eventuale appeasement tra M5S, Pd e responsabili vari. Terza opzione è un incarico pieno a un nome di garanzia che, con un governo snello e senza fiducia del Parlamento, porti l’I ta li a al voto.

Lunedì 26 agosto. E’ il termine ultimo entro il quale l’Italia deve indicare il suo nome per la prossima Commissione europea. Conte ha già fatto sapere che intende nominarlo lui: sarà un tecnico “europeista”, coerente con la maggioranza che ha eletto presidente Ursula von der Leyen all’Europarlamento (Pd, M5S e FI). Il 26 o 27 agosto, se non viene fuori una nuova maggioranza, potrebbe anche essere il giorno in cui si sciolgono le Camere.

27 ottobre. Se alla fine non verrà fuori una nuova maggioranza si voterà in autunno per la prima volta dal 1919. Il 27 ottobre è la data più accreditata, anche perché si vota già per le Regionali in Umbria. La legge prevede che le elezioni vengano convocate tra 45 e 70 giorni dal momento dello scioglimento: visto il meccanismo farraginoso del voto all’estero, però, servono almeno due mesi di tempo. Tradotto: se si scioglie entro il 27 agosto si può votare a fine ottobre, altrimenti il voto potrebbe slittare a novembre.