Il delitto di Piersanti Mattarella non è un caso chiuso. Dopo 36 anni, affiorano indizi che potrebbero portare presto a nuovi spunti di verità sul killer del presidente della Regione siciliana che si batteva per il rinnovamento. Dice il procuratore capo di Palermo Francesco Lo Voi: “Siamo sempre pronti a valutare nuovi elementi che emergano o a rivalutarne altri antichi che possano essere utili”. Parole nel giorno dell’anniversario dell’omicidio. A Palermo è arrivato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella: ha scelto di ricordare suo fratello Piersanti in forma privata. Le mosse per una nuova indagine partono tutte dai primi atti compiuti sul luogo del delitto da quello che per tanti anni è stato il superpoliziotto di Palermo, il vice questore Bruno Contrada, dopo le stragi Falcone e Borsellino arrestato e condannato per mafia. Nel rapporto inviato alla magistratura non figuravano alcuni testimoni importanti che erano in via Libertà me ntre il killer sparava, fra questi il radiologo Giovanni Mercadante, oggi in carcere con l’accusa di essere stato il fidato medico del vertice di Cosa nostra. “Inizialmente, ci fu depistaggio – conferma Piero Grasso, sostituto procuratore di turno il 6 gennaio 1980, oggi è il presidente del Senato – io ho cercato la verità per tanti anni, i mandanti di mafia sono stati condannati, ma le ombre sono rimaste”.