La sentenza che ha consentito a Vincenzo De Luca di rimanere governatore della Campania potrebbe essere stata «truccata». Per questo il presidente e alcuni uomini del suo staff — primo fra tutti il capo della segreteria Nello Mastursi, vicesegretario del Pd regionale, che per questo due giorni fa ha improvvisamente deciso di dimettersi — sono indagati dalla procura di Roma. Sotto inchiesta per i reati di corruzione e rivelazione di segreto d’ufficio anche la giudice del tribunale di Napoli Anna Scognamiglio, relatrice del verdetto; suo marito Guglielmo Manna, manager dell’ospedale Santobono; un altro avvocato che avrebbe fatto da mediatore. Il fascicolo avviato un paio di mesi fa potrebbe avere effetti devastanti sul governo regionale.
Era l’unico modo per rimanere in sella. Un patto “criminoso” stretto tra politica e magistratura. Obiettivo: sventare gli effetti della legge Severino sulla poltrona del governatore della Campania, Vincenzo De Luca. Un clamoroso episodio corruttivo. A leggere le contestazioni avanzate dalla Procura di Roma, si può sintetizzare così. Se non date un posto importante da dirigente sanitario per mio marito, può arrivare un provvedimento sfavorevole per il neo presidente della giunta. Sette indagati. L’esplosivo caso giudiziario travolge De Luca e il giudice del Tribunale civile di Napoli, Anna Scognamiglio, relatore dell’ordinanza che effettivamente, lo scorso luglio, confermò lo stop della sospensione, lasciando De Luca al vertice del Palazzo, La toga si difende: “Qualcuno ha speso il mio nomea mia insaputa, non ho alcu na responsabilità” dopo la prima sospensione inflitta da Roma per effetto della normativa anti-corruzione. E una bomba che può i nguaiare lo “sceriffo salernitano”, e la sua legislatura appena avviata, ben più di quella legge che si voleva sabotare a ogni costo. Intercettazioni, incontri, scambi e minacce riempirebbero le centinaia di pagine di un’inchiesta coperta dal più totale riserbo: almeno fino a quelle perquisizioni, eseguite alla presenza di uscieri e funzionari della Regione, dalla squadra Mobile di Napoli.
«Ho letto anch’io i giornali, ho visto ricostruzioni fantasiose che non perdo neanche dieci secondi a commentare. Ma devo ammettere che un po’ Mastursi l’ho invidiato: ha avuto una pubblicità nemmeno fosse Winston Churchill o Camillo Benso di Cavour. Se poi ci sono cose da chiarire, la magistratura faccia il proprio lavoro e vada avanti senza guardare in faccia a nessuno. Noi siamo tranquilli, e adesso è arrivato il momento di occuparci dei problemi dei cittadini e di farla finita con queste storie». Tema liquidato, De Luca passa a parlare d’altro e sul suo ex capo segreteria non fa più nemmeno un accenno. Ma pure se lui fa finta di niente, l’argomento che tiene in fibrillazione la politica campana, e non solo, è questo. E soprattutto se la vede brutta il Pd, che ora, per come l’ha messa De Luca, si ritrova un vicesegretario che ufficialmente torna a tempo pieno nel partito, con un incarico di altissima responsabilità, perché occu parsi di organizzazione in periodo elettorale significa occuparsi di liste e candidati. E che però è al centro di un’indagine giudiziaria con una accusa grave come la corruzione.
Del suo capo De Luca, Carmelo Mastursi, detto Nello, ha gli stessi modi bruschi e il carattere non accomodante. Poi, è chiaro, ognuno ci mette qualcosa di suo, per esempio l’educazione, e allora può capitare pure che il fedele scudiero superi in rudezza il maestro, e tratti chi non gli sta a genio non a maleparole ma a calci. E successo con un giornalista e stava succedendo anche con una giornalista, se un paio di colleghi di partito non l’avessero preso di peso e portato via. Ma Mastursi è così: d’accordo le regole ma non è che lui le debba rispettare sempre. Che siano quelle del vivere civile o quelle della trasparenza in politica. Alla vigilia delle Regionali passava le sue giornate come in un filo diretto con il vicesegretario Guerini: «Mi ha chiamato Lorenzo» era la frase che ripeteva più spesso. De Luca aveva messo nelle sue mani la composizione delle liste e lui rispondeva soltanto al vice di Renzi. Poi nella notte del prim o maggio imbarcò un bel pacchetto di impresentabili, gente che in politica era sempre stata al servizio di Nicola Cosentino e ora passava armi e bagagli a sostenere il candidato del Pd. Non ci fece una bella figura, De Luca, che però non sconfessò il suo fedelissimo: «Sono incacchiato, ma dovrei dire che è colpa di Mastursi? No, io sono un uomo, e quindi la responsabilità me la prendo io».