Enrico Letta sale al Colle senza indugi e rimette il suo mandato. Napolitano accoglie le dimissioni e spiega, in un comunicato ufficiale, che un passaggio parlamentare per ratificare la rinuncia del premier sarebbe superfluo in quanto “non potrebbe offrire elementi tali da indurlo a soprassedere dalle dimissioni, anche perché egli non sarebbe comunque disponibile a presiedere governi sostenuti da ipotetiche maggioranze diverse”. Una mancata parlamentarizzazione della crisi contestata, seppur con toni diversi tra loro, da tutte le opposizioni. Da dove si fa notare che i precedenti di Berlusconi e Monti non sarebbero coerenti. Contestazioni che la Presidente della Camera Laura Boldrini ha trasmesso a Napolitano nel corso del suo colloquio del pomeriggio col capo dello Stato, giudicandole più che comprensibili. Dopo aver presieduto un ultimo Consiglio dei Ministri tecnico di appena mezz’ora, il premier manda prima un tweet di commiato ai suoi (“Grazie a tutti quelli che mi hanno aiutato. Ogni giorno come se fosse l’ultimo”) e poi anticipa di tre ore l’incontro col capo dello Stato per rassegnare le sue dimissioni. E Napolitano, una volta congedato il premier dimissionario, fa sapere subito che le consultazioni per la formazione di un nuovo governo avranno tempi strettissimi. e in effetti si cominciato già nel pomeriggio per concludere entro domani alle 19,15 con la delegazione del Pd, (della quale però non farà parte Matteo Renzi), con il nuovo incarico probabilmente già sabato sera. Ma intanto l’assemblea congiunta dei gruppi M5S di Camera e Senato decide che diserterà e le consultazioni al Colle. A votare contro la partecipazione sono in 62, mentre 17 sono stati i sì e 6 gli astenuti. Nella Lega invece prima l’ex leader Roberto Maroni “suggerisce” all’attuale segretario del Carroccio Matteo Salvini di non far salire al Quirinale i propri gruppi parlamentari. Poi quest’ultimo si mostra più possibilista. “Vedremo – dice Salvini – se, come, quando e per fare cosa. Se dobbiamo andarci per farci raccontare cosa ha deciso di fare il Pd, l’abbiamo letto sui giornali”. Infine sempre Salvini annuncia: ‘Domani non andiamo al Colle, abbiamo altro da fare. Avevamo chiesto che la delegazione fosse arricchita con rappresentanti del territorio, come un sindaco terremotato e un presidente di provincia ma ci e’ stato risposto che il rito romano non prevede incursioni territoriali, allora me ne sto a casa e nello spazio destinato alla Lega qualcuno si berra’ un the”. Immediata la replica del Colle, che esprime “stupore e rincrescimento” per la scelta lghista e spiega che “un allargamento delle delegazioni di tutte le forze politiche è chiaramente incompatibile con il carattere e i tempi delle consultazioni”. Da Forza Italia invece, che appena stamattina nella conferenza dei capigruppo di Montecitorio, aveva chiesto che Letta venisse in Parlamento a formalizzare le sue dimissioni, nessuna latitanza polemica. Il capogruppo al Senato Paolo Romani preannuncia che, per quanto critico nei confronti di una crisi di governo extraparlamentare, salirà regolarmente al Colle domani.
Nelle more della crisi impazza intanto il toto-ministri per il nuovo esecutivo: oltre cinquanta i nomi circolati per una squadra che Renzi vuole snella. Si parla di cinque cinistri democratici, uno di Scelta civica e dei Popolari per l’Italia, due del Nuovo centrodestra. Fra le ipotesi in campo: Alfano sempre vicepremier, senza deleghe. All’Economia al posto di Saccomanni è accreditata Lucrezia Reichlin, ma si fanno i nomi anche di Tito Boeri, Padoan, Barca, Bini Smaghi. Alla Giustizia potrebbe andare il presidente uscente del Csm Vietti o Giovanni Maria Flick. Per il Lavoro si parla di Epifani e di Marianna Madia, per i Trasporti in corsa il sindaco di Bari Emiliano. Dovrebbero essere riconfermati la Bonino agli Esteri, Orlando all’Ambiente. E poi, fra i tanti, circolano anche i nomi del numero uno di Vodafone Vittorio Colao, dello scrittore Alessandro Baricco, del papaà di Italy Oscar Farinetti. Anche se non è un ruolo “istituzionale” c’è spazio anche per la nuova first lady, anche se Agnese Landini così non ci si sente proprio. “Non sono nulla – ha rimarcato la trentasettenne moglie del sindaco di Firenze -, non c’è nulla di formalizzato. E poi quell’appellativo non mi corrisponde”.
Nella sua relazione d’apertura Renzi ieri in direzione ha sottolineato che il Pd, e l’Italia intera, è a un bivio: “Da un lato l’occasione chiara di chiudere la legislatura e andare al voto, dall’altro l’occasione di trasformarla in legislatura costituente”. E se pure “le elezioni hanno suggestione e fascino, specialmente per chi di sinistra vorrebbe avere una vittoria piena per cambiare il paese”, in questo momento, con l’attuale legge elettorale, non sono una strada percorribile. Tanto vale allora, per Renzi, “prendere la strada meno battuta”, rischiare, e fare una scelta azzardata con un governo con un orizzonte di legislatura: “L’obiettivo – ha detto – è il 2018 con riforme elettorali, costituzionali e il tentativo di cambiare le regole a partire da una burocrazia opprimente. La situazione in cui ci troviamo – ha proseguito Renzi – richiede l’energia e la forza di un cambiamento, non è un problema caratteriale: sono le regole della politica”. E rivolgendosi direttamente alla direzione ha proposto “un patto di legislatura per dare risposte reali al Paese. È la strada più difficile e meno battuta. Vi chiedo tutti insieme di uscire dalla palude”