Per sopravvivere, le startup pugliesi devono adottare una manovra sistemica e integrata, puntando sui talenti e su forme di finanziamento dirette. E’ quanto emerge da uno studio condotto dal laboratorio di Ingegneria gestionale dell’Università del Salento, realizzato da Gianluca Elia e Mario Marinazzo nell’ambito del progetto Pon ‘Vincente-A Virtual collective INtelligenCe ENvironment to develop sustainable Technology Entrepreneurship ecosystems’. Delle 36 startup analizzate: 26 non fatturano nemmeno un euro; 31 non hanno nemmeno un addetto; 9 non sono mai transitate dallo stato di idea imprenditoriale a quello di impresa, oppure risultano in liquidazione o inattive. Hanno avuto un significativo impatto socio-economico sul territorio regionale, misurato dalla compresenza di addetti e fatturato, tre sole startup: Echolight (Lecce), Biofordrug (Bari) e Safewheat (Bari), animate da gruppi di ricerca molto attivi.
Sulla base di un metodo di analisi statunitense che guarda sei dimensioni fondamentali di una startup (forza del team, dimensioni dell’opportunità sul mercato, forza dell’idea e proprietà intellettuale, contesto competitivo, vendite-canali-partnership, necessità di finanziamenti), è stata valutata anche la qualità e il potenziale imprenditoriale delle idee premiate: il 20% delle idee sono in fascia alta, il 20% circa si colloca in fascia bassa, mentre il restante 60% è in fascia intermedia. Nel confronto con i dati che si rilevano nei contesti ‘maturi’, le startup premiate in competizioni di business plan in Puglia dal 2008 al 2014 hanno fatto registrare una ‘mortalità infantile’ molto elevata (da 2 a 4 volte di più) e una ‘sopravvivenza’ problematica. “Le startup che sopravvivono -spiegano i ricercatori- lo fanno soprattutto grazie alla rete di protezione dei finanziamenti pubblici, producendo occupazione e valore per il mercato pochi o nulli. A queste condizioni, le politiche pubbliche nostrane hanno come risultato più evidente quello di ‘picking the winner’, ovvero agevolano chi comunque sarebbe andato avanti anche a meno dei finanziamenti pubblici, ottenendo successo sia nel mercato dei capitali sia in quello dei prodotti commerciali. È evidente la contraddizione fra la strategia dichiarata di dare luogo a nuovi ecosistemi imprenditoriali innovativi e il risultato reale di creare, invece, ecosistemi che educano a una imprenditorialità comoda e garantita”.