Pasquale Villari, il grande meridionalista, aveva raccontato nel 1866 la Questione Napoli. Una lezione ancora attuale…
“Entrate nella città di Napoli; lasciate quelle vie, dove abita la gente colta ed agiata, dove corrono le ricche e splendide carrozze; penetrate, invece, nei quartieri più remoti, dove i vicoli ed i chiassi sono così confusi ed intrecciati fra loro, e le case così alte e vicine, che si forma un laberinto in cui, non che altro, neppure l’aria può liberamente circolare. Le vie sono così sudicie e anguste, che l’uomo a fatica può vivervi. La vita s’abbrevia, la salute è estenuata, le malattie si moltiplicano, e quando giunge fra essi il colera, miete a migliaia le sue vittime. […] E credete forse di aver adempiuto gli obblighi d’un popolo civile, se accanto a questi tugurii vi contentate d’aprire la scuola elementare del leggere e dello scrivere? Bisogna prima introdurvi l’aria e l’acqua; bisogna abbatter quelle che ancora si chiamano case e costruire abitazioni […]; cacciarli dalle tane da lupi, in cui vivono; chiamarli alla scuola, per far loro, innanzi tutto, gustare il benefizio dell’aria libera e della nettezza, […] e finalmente aprir l’animo loro a quel mondo morale che sembra ancora chiuso per essi”.
.