Gli uomini passano, le istituzioni restano. C’è chi sussurra che ora, dopo l’attacco di Renzi, Visco sia addirittura più forte e che abbia la riconferma in tasca, se non altro perché è diventato l’alfiere dell’autonomia dell’istituto. Dal bunker di via Nazionale l’unica notizia che trapela è una smentita: il governatore non ha mai pensato di farsi da parte. Anzi. Visco ieri ha giocato addirittura d’anticipo portando tutte le carte alla Commissione di inchiesta sui dissesti bancari
Dall’altra parte, l’attacco del Pd al numero uno di Palazzo Koch segna il ritorno in grande stile dell’ex premier nelle vesti del “rottamatore”. Renzi, ancora una volta, non fa sconti a nessuno. Non esita a ingaggiare un braccio di ferro con il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che continua a difendere a spada tratta il governatore. Non risparmia bordate contro l’attuale premier, Paolo Gentiloni, renziano della prima ora ma “colpevole” di aver creato quell’asse sempre più forte con il Colle in grado di riportarlo a Palazzo Chigi subito dopo il voto di marzo.
Dietro l’attacco di Renzi a via Nazionale, però, c’è anche dell’altro. Il tentativo di risalire la china dei consensi cavalcando un tema estremamente popolare, con l’indice puntato contro chi avrebbe dovuto vigilare sulla crisi delle banche e che, invece, lo avrebbe fatto poco e male. Più o meno quello che ha sempre sostenuto il M5S, con una differenza sostanziale: i grillini non sono ancora al governo.
E’ davvero difficile, oggi, dire come finirà. Ma in gioco non c’è solo la successione di Visco ma anche il delicato equilibrio fra le istituzioni democratiche del Paese. E’ vero che il Parlamento non ha alcun potere nell’iter che porta alla scelta del Governatore. Ma è anche vero che il segnale dato dal Pd di una Banca d’Italia ostaggio o sottoposta alla lunga mano della politica, non può essere affatto positivo. Potrebbe minare, infatti, la serietà e la reputazione di un Paese che ha faticato molto, negli ultimi anni, per riguadagnare stima e consensi. Darebbe sicuramente un pessimo segnale ai mercati che, ogni giorno, scommettono sulla salute e la solidità della nostra economia. E sarebbe una mossa incomprensibile anche dall’osservatorio della Bce, che non potrebbe mai digerire l’ipotesi di una Banca d’Italia sottoposta al controllo dei partiti.
Ma non basta. L’offensiva del Pd rischia di minare alle radici anche quella grammatica istituzionale che vorrebbe i partiti fuori da istituzioni come la Banca d’Italia che dovrebbero garantire ai cittadini la loro imparzialità e neutralità. Una questione che va anche al di là della “deontologia” e delle regole non scritte dello scontro politico. Sparare sulle istituzioni, insomma, non conviene a nessuno: restano e vanno difese anche al di là degli uomini chiamati, temporaneamente, a guidarle.