“Pur essendo aziende private, svolgiamo un ruolo pubblico, accreditato istituzionalmente in nome e per conto del Servizio sanitario regionale. E dal pubblico dobbiamo essere messi in condizioni di lavorare, tanto più ora che il coronavirus sta mettendo in ginocchio la sanità pubblica e l’intero Paese”. Dal Centro Direzionale di Napoli parte il grido d’allarme dell’Aspat, Associazione Sanità Privata Accreditata della Campania, presieduta da Pier Paolo Polizzi.
Presidente, qual è lo stato di salute del vostro settore alla luce della pandemia in corso?
“Registriamo un crollo verticale delle nostre attività: la domanda di prestazioni ha subito un calo del 90, anche 92 per cento. Ad oggi è operativo solo un 15 per cento delle nostre unità lavorative, tra dipendenti e i cosiddetti prestazionisti, su un totale di circa diecimila persone che al 31 dicembre 2019 ci hanno consentito di chiudere l’anno con 56 milioni di prestazioni per la specialistica ambulatoriale erogate ai cittadini. Se non si prendono provvedimenti, rischiamo di scivolare ancor più verso il baratro”.
Che cosa chiedete in particolare?
“Lamentiamo la mancanza dei cosiddetti Dpi, dispositivi di protezione individuali, ossia i camici, le mascherine e tutto quello che consente ai pazienti e ai lavoratori di venire in contatto senza la preoccupazione del contagio”.
Quali iniziative avete messo in campo?
“L’altro giorno abbiamo inviato alle sette Asl della Campania una comunicazione urgente: potremmo costretti a interrompere momentaneamente le prestazioni specialistiche ambulatoriali e gli accertamenti di diagnostica clinico-strumentale perché le scorte dei presidi e dispositivi di sicurezza sono quasi finiti. O ce li procurano, o ci indicano un canale di approvvigionamento per acquistare quello di cui necessitiamo”.
Quali sono le altre criticità per il mondo della sanità accreditata?
“Mi preoccupa l’idea di affidare alle farmacie i dispositivi di autodiagnosi del coronavirus. In primo luogo, si tratta di sistemi poco affidabili. Il rischio è che un cittadino, alla luce di un’analisi a dir poco superficiale, possa sentirsi al sicuro e, se contagiato, favorire inconsapevolmente a sua volta il contagio. Meglio se ad occuparsi di tale esame siano strutture competenti come i nostri laboratori di analisi, disponibili a lavorare anche sui tamponi faringei, un tipo di esame che richiede mani esperte. Insomma, noi siamo disponibili a collaborare il più possibile per effettuare uno screening iniziale e contribuire così al decongestionamento anche delle attività dell’Ospedale Cotugno”.