tra qualche settimana, a dispetto dei richiami alla rotazione annuale, oltre 17 milioni di lavoratori dipendenti lasceranno le aziende per la meritata stagione delle ferie, ovviamente retribuite.
Non le potranno fare, se non di tasca propria, tutti i lavoratori autonomi, dagli esercenti ai rider, i fattorini delle consegne in bicicletta, diventati l’icona della precarietà. E nelle stesse condizioni saranno free lance, partite Iva e collaboratori più o meno indipendenti delle diverse tipologie, mentre sta per partire la carica degli stagionali, spesso disoccupati, che aspettano le ferie degli altri per trovare un ferie degli altri per trovare un lavoro, anche a termine; e non le faranno, ma solo sulla carta, quelli che per forza o per necessità lavorano in nero.
Sono la Costituzione (articolo 36) e il codice civile (art. 2109) a stabilire il diritto alle ferie retribuite, un diritto individuale e irrinunciabile, che deve tener conto dell’organizzazione dell’azienda. Tendenzialmente in Italia la durata delle ferie per un anno di lavoro è di un mese, mentre per anzianità inferiori all’anno il diritto è proporzionale al tempo lavorato.
La durata minima è di quattro settimane, di cui almeno due continuative. La monetizzazione, vale a dire farsi pagare le ferie senza usarle, è proibita, fatto salvo il caso del licenziamento o delle dimissioni, in cui le ferie maturate e non godute vengono retribuite.
fonte: la Stampa