«Sa come si dice a Napoli? Vengo do muorto e tu dice ch’è vivo. Significa che non può raccontarmi una cosa se io sono sicuro del contrario. Salvini non può venire da noi a far campagna elettorale dopo anni di insulti e sberleffi». Salvatore Lanza è il segretario generale e portavoce del Movimento Neoborbonico.
Le bandiere della sua associazione erano sventolate dai manifestanti che martedì, a Napoli, hanno «cacciato» il leader della Lega Matteo Salvini, arrivato nel capoluogo campano in vista delle elezioni europee. «In piazza non c’eravamo noi come associazione – spiega in un’intervista al Tempo – abbiamo cose ben più serie da fare che contestare Salvini. Ma non posso biasimare i nostri rappresentanti che lo hanno mandato a casa. Noi siamo un popolo pacifico, non abbiamo mai aggredito nessuno. Ma ad ogni azione corrisponde una reazione». I Neoborbonici chiedono a gran voce che la storia dell’ultimo secolo e mezzo sia riscritta da capo. «L’Unità italiana non è stata una cosa naturale – spiega Lanza – ma un atto forzato. Il piccolo Piemonte si è fatto portatore di istanze che non avevano niente di patriottico. Semplicemente, avevano bisogno dei nostri soldi e ci hanno invaso, senza neanche una dichiarazione di guerra. Poi la storia è stata scritta dai vincitori, come sempre accade, ma ora c’è ‘l’esigenza di un’operazione verità . Basterebbe leggere i lavori di Lorenzo Del Boca, che di tutto può essere accusato tranne che di essere un neoborbonico».
«I leghisti fanno il loro lavoro, li capisco – racconta Lanza – difendono gli interessi del Nord. Ma sono vittime di pregiudizi che non hanno fondamento nella storia. Ci trattano come una razza inferiore, quando il Mezzogiorno è stato la culla della filosofia, della matematica, della medicina. Anche per questo i greci, quando approdarono sulle nostre sponde, ci chiamarono Magna Grecia». «Noi non vogliamo staccarci dall’Italia, per lo meno fino a quando il Nord non ci avrà restituito tutto quello che ci ha rubato. E non pensiamo neanche di ripristinare il regno dei Borbone, sebbene tra di noi ci siano anche tanti esponenti monarchici».