«Ho partecipato a cose mostruose e abbiamo venduto l’anima a Dio». Parla Gaspare Spatuzza, l’ex sicario prediletto del vertice di Cosa nostra, che quasi piange davanti ai giudici che stanno processando il presunto basista della strage di via Palestro del 27 luglio 1993, Marcello Tutino. «Ora quando vado a letto mi sento onesto e in pace perché tutto quello che posso fare per la legge lo sto facendo, poi mi metto nelle mani di Dio. Ho commesso una quarantina di omicidi. Chiede scusa ai familiari, ricorda i «due piccoli angeli», le sorelline Nadia e Caterina Nencioni, morte nell’attentato di via dei Georgofili, a Firenze. «Ma il nostro obiettivo non erano le vite umane, solo i monumenti ». Per Spatuzza le stragi del 1993 sono «incidenti di percorso».
«Abbiamo fatto cose orribil. Accusare Marcello Tutino è doloroso per me, ma è un onore essere qui a testimoniare, anche per giustizia nei confronti dei familiari delle vittime. Con i fratelli Vittorio e Marcello Tutino siamo cresciuti, c’era una bellissima amicizia fra di noi, di più, una fratellanza. Cristianamente li considero ancora miei fratelli, con cui ho condiviso delle scelte sbagliate, anche se ora non condivido più i loro ideali, i loro sentimenti». A guidare l’autobomba fino in via Palestro fu invece il fratello di Marcello, Vittorio: «Doveva accendere la miccia, ma aveva paura di fallire perché era la prima volta che lo faceva», racconta Spatuzza. «Così abbiamo lasciato una miccia più lunga per dargli il tempo di allontanarsi».