Gli inviti sono ufficialmente partiti e, a meno di qualche ulteriore colpo di scena, non sarà facile per l’Italia rinviare la Conferenza sulla Libia prevista per il 12 e il 13 novembre a Palermo. E questo nonostante da più parti arrivi il suggerimento di spostarla almeno un mese in avanti, cosi come trapela dallo stesso entourage del presidente Fayez al Serraj. La ragione è evidente: il paese africano è totalmente spaccato e nel caos. In queste condizioni a quali risultati potrebbe portare l’incontro siciliano? Non esiste, al momento una soluzione tecnica, né un piano concreto di interventi. Mentre il generale Khalifa Haftar continua a mantenere un ruolo am biguo, non fornendo una risposta precisa riguardo alla sua presenza al summit. Senza l’uomo forte della Cirenaica, difficilmente l’incontro potrà dare risultati. Anche se una mediazione importante sembra sia arrivata dal presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi, che ha stretti rapporti con il feldmaresciallo ed è molto interessato alla stabilizzazione della Libia. E stato lui stesso a confermarlo ieri davanti al Consiglio della federazione russa manifestando la necessità di una soluzione politica nella regione. «La visione dell’Egitto per porre fine alla crisi in Libia – ha dichiarato – si basa sulla necessità di raggiungere progressi nell’attuazione dei termini dell’iniziativa dell’inviato speciale dell’Onu in Libia (Ghassan Salamè), che finora non ha portato a dei risultati». E tra i punti principali condivisi c’è proprio «l’unificazione delle istituzioni militari libiche», con a capo Haftar. L’Italia ha sul campo interlocutori che, per quanto di buonavolontà, non conoscono la realtà locale. Visto che l’ambasciatore Perrone non ha più fatto ritorno a Tripoli e il capo dell’Aise, i servizi segreti esterni, Alberto Manenti, è ormai dimissionario e in attesa di sostituzione. In queste condizioni è difficile immaginare il successo della Conferenza, anche perché dalle prime adesioni non sarà presente il presidente Usa, Donald Trump, tantomeno il segretario di Stato Mike Pompeo.