ANTONIO TROISE
Questa volta la piccola Svizzera ha spiazzato tutti, facendo letteralmente impazzire i mercati, ma aprendo di fatto, una nuova fase per l’euro. Con una mossa a sorpresa la Banca centrale elvetica ha deciso ieri di cancellare la soglia che fissava a 1,20 franchi il rapporto di cambio con l’euro. Un argine deciso quattro anni fa proprio per evitare che la moneta svizzera, diventato bene rifugio nel periodo più turbolento della crisi finanziaria, si apprezzasse troppo, mettendo in ginocchio l’economia. Fino a ieri quell’argine ha tenuto, sia pure a carissimo prezzo. La Banca svizzera ha dovuto acquistare centinaia di miliardi sui mercati per tenere artificialmente debole la propria moneta.
Per due motivi: primo, il forte apprezzamento del dollaro sui mercati. Secondo, la sempre più probabile discesa dell’euro dopo la decisione della Bce di allargare i cordoni della borsa ed acquistare titoli pubblici, anche dei Paesi più indebitati. Un’operazione che dovrebbe essere decisa il 22 gennaio prossimo (tecnicamente si chiama “quantitative easing”) e che precederà, di qualche giorno, un altro evento critico, le elezioni in Grecia. La vittoria, scontata, del leader della sinistra potrebbe determinare un nuovo forte scossone sui mercati finanziari e indebolire ancora di più la moneta unica. Con questi scenari, la difesa ad oltranza di un franco svizzero sottovalutato sarebbe costato una cifra enorme alla Banca Centrale senza, peraltro, avere la certezza di un successo. Anche se l’abbandono della cosiddetta “soglia minima” non sarà uno scherzo: si calcola una perdita di export pari a 5 miliardi e circa 100mila posti di lavoro in meno. E’ vero che ieri Italia e Confederazione elvetica hanno finalmente sottoscritto il nuovo accordo fiscale.
Ma gli unici che davvero, in queste ore, si sfregano le mani sono i cittadini europei (anche italiani) che hanno portato nella Confederazione elvetica i propri quattrini (anche quelli frutto dell’evasione fiscale) e che, in un solo giorno, hanno visto apprezzare i propri depositi di circa il 25% (ieri, l’euro, è arrivato a perdere anche il 30% rispetto al franco svizzero per poi chiudere la giornata poco sopra la parità). Ma la mossa della Svizzera potrebbe dare la sveglia anche all’Europa. La decisione di Draghi di acquistare titoli pubblici, in un momento estremamente critico del Vecchio continente, potrebbe finalmente gettare le basi per una svolta nelle politiche economiche, da ora in poi obbligate a deviare sulla rotta della crescita dopo aver a lungo indugiato su quella del rigore a tutti i costi. L’euro, probabilmente, è destinato nei prossimi mesi a parlare un po’ meno in tedesco e un po’ più in italiano o francese. Il deprezzamento della moneta unica e la spinta sugli investimenti potrebbero rimettere in moto l’export e i consumi, facendo tirare una boccata d’ossigeno ai Paesi più indebitati. Potrebbe, insomma, essere davvero arrivato il momento di una svolta. E gli svizzeri, forse, lo hanno capito con la loro notoria puntualità.