di ALESSANDRO CORTI
“L’America è lontana, dall’altra parte della luna”, cantava Lucio Dalla. Mai versi furono più attuali per fotografare la realtà di due mondi che sembrano viaggiare su pianeti opposti. Da una parte il gigante statunitense che si è già lasciato alle spalle la grande crisi innescata dai mutui-subprime e che ieri ha registrato un aumento, superiore alle previsioni, del numero di occupati: 248mila nuovi posti in più solo a settembre, con un tasso dei senza lavoro che scende al 5,9%, a pochi passi dalla piena occupazione. Numeri che fanno riflettere se si pensa che in Europa (e, in particolare in Italia), un giovane su due è disoccupato e un’intera generazione rischia di saltare a piè pari l’appuntamento con il mercato del lavoro. Se a questo aggiungiamo il fatto che mentre nel vecchio continente si litiga e si dibatte su una crescita di poco superiore allo zero virgola, gli Usa viaggiano a vele spiegate con tassi che sfiorano il 5%, vicini a quelli cinesi. Insomma, due mondi.
Nessuno, naturalmente, può pensare di trapiantare gli Stati Uniti in Europa. Ma su alcuni capitoli le lezioni americane potrebbero essere utili. Prendiamo il mercato del lavoro. Nel nostro Paese si continua a dibattere sull’articolo 18, con un confronto viziato da vecchi tabù e eterni pregiudizi. Negli Stati Uniti la flessibilità, più che una norma, è un abito mentale, una cultura, un modo di essere del mercato del lavoro. Forse, a giudicare dai risultati, qualche riflessione andrebbe fatta.
Così come devono far riflettere le differenze sulla governance dell’economia. Il sistema federale americano non è in contraddizione con una forte preminenza del governo centrale sulle questioni di interesse nazionale. Nel sistema europeo, gli Stati nazionali non fanno altro che litigare oltre che procedere in ordine sparso sulle ricette necessarie per invertire il trend negativo e tornare a crescere. Certo, anche l’Europa, dopo anni e anni di discussione, è riuscita a realizzare una moneta unica. Ma, l’euro, non riflette affatto un’unità politica. E, mentre la Federal Reserve ha i pieni poteri su questa materia, la Bce non può battere moneta e deve districarsi fra i falchi della Germania e le colombe dei Paesi più deboli per cercare di adottare politiche in grado di favorire la ripresa.
Insomma, se l’America è lontana la colpa non è solo della geografia ma, soprattutto, delle politiche che fino ad ora hanno segnato la storia del vecchio continente e la nascita della Comunità europea. Forse sarebbe il caso di soffermarsi anche su questo prima di discutere di flessibilità e di rigore, di superamento del deficit e di parametri di Maastricht: più che litigare, forse, sarebbe opportuno davvero ripensare il modello europeo cercando di adeguarlo ad un contesto economico che è molto diverso rispetto a quello che lo aveva visto nascere.
fonte: L’Arena