Alessandro Corti

Una pennellata di rosa da una parte e una di grigio fumo dall’altra. Dovremmo esserci ormai abituati. Non c’è mese che dal fronte del mercato del lavoro, non arrivino segnali e numeri contrastanti. E non dovrebbe neanche sorprendere la consueta guerra dei commenti, fra chi vede il bicchiere mezzo pieno pieno e chi, invece, mezzo vuoto. Con la buona pace di chi ancora vorrebbe separare i numeri dalle opinioni. Copione che si è ripetuto puntuale con i dati sfornati ieri dall’Istat. L’istituto di statistica, con il suo consueto algido stile, ha prima segnalato la forte crescita degli occupati, che per il secondo mese di seguito hanno superato la soglia psicologica dei 23 milioni, una cifra che non si vedeva dal 2008, anno primo della grande recessione. Ma, subito dopo, sempre l’Istat, non ha potuto fare a meno di constatare la crescita dei disoccupati, di coloro cioè che cercano un lavoro e non riescono a trovarlo.

Diciamo subito, per sgombrare il campo da ogni equivoco, che non si tratta di una contraddizione: i posti di lavoro, infatti, possono sicuramente crescere ma non tanto in fretta e con una tale intensità da coprire la domanda di occupazione. Ma c’è di più: ancora una volta a spingere all’insù il tasso dei senza lavoro sono i giovani e le donne, le due categorie più colpite dalla grande crisi e che, quindi, continuano a bussare alle porte delle aziende senza grossi risultati. Un dato per tutti: la disoccupazione giovanile continua ad essere inchiodata sul 35%, un livello record in Europa. Nel 2008 era sempre molto alta ma in ogni caso quasi due terzi in meno rispetto ad oggi: il 21%. Mentre, il tasso dei senza lavoro complessivi, oggi pari all’11,5%, prima della crisi si fermava a quota 6,7%, più o meno la metà.

Sarà pure vero che i toni trionfalistici sono forse esagerati e hanno già il non lontano sapore della compagna elettorale. Ma anche le parole dei pessimisti, quelli che minimizzano i risultati, peccano dello stesso difetto. La realtà è che qualcosa si sta effettivamente muovendo sul mercato del lavoro. Si incomincia a intravedere una inversione di tendenza. Sarà pure debole, ma sicuramente non va sottovalutata. Anche perchè rappresenta l’immediato riflesso di quello che sta avvenendo, più in generale, nell’economia italiana: le previsioni sul Pil a fine 2017, infatti, saranno ancora sbagliate. Ma, per la prima volta da molti anni a questa parte, saranno errate per difetto: cresciamo di più rispetto alle stime.

Proprio per questo, più che polemizzare sui numeri, sarebbe opportuno intensificare gli sforzi e spingere al massimo sul pedale della crescita. Utilizzando tutti gli spazi a disposizione per rilanciare gli investimenti e favorire l’occupazione di giovani e donne. I dati dell’Istat non fanno altro che confermare questa tesi. Tocca ora ai partiti, alle parti sociali e quindi al governo, di tradurla in azioni concrete.