di Antonio Troise
Poteva andare peggio. La pagella sull’Italia, sfornata ieri da Bruxelles, non suona come una bocciatura del governo Renzi. C’è l’atteso via libera per il rinvio del pareggio di bilancio. E c’è una piccola apertura di credito verso il leader del Pd uscito vincitore dalle ultime elezioni europee. Ma sarebbe estremamente grave ridimensionare i segnali di allarme che arrivano dall’esecutivo comunitario. Con un debito pubblico che ormai si attesta sul livello record del 135% del Pil e con interessi che, nonostante il calo dello spread, viaggiano attorno agli 80 miliardi l’anno, non c’è da stare tranquilli. La situazione italiana resta vulnerabile, basta poco per innescare nuove bufere finanziarie.
Per questo, il richiamo di Bruxelles, segna un duro ritorno alla realtà dopo la “sbronza” delle urne, con i clamori e gli annunci legati alla campagna elettorale. Renzi ha incassato un consenso inaspettato e per tanti versi inediti per la politica italiana. Ha davanti a sé un periodo piuttosto lungo (se tutto filerà per il verso giusto) di governo del paese, un orizzonte di 3-4 anni, sufficiente per realizzare le tante riforme sempre promesse ma sempre, irrimediabilmente, rimaste nei cassetti della politica. Lo ha ricordato lo stesso governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, nelle sue Considerazioni finali: l’Italia è il paese delle eterne incompiute, solo il 50% delle misure varate dai precedenti governi sono state attuate. La restante parte si è arenata nelle sabbie mobili delle lobbye e degli interessi contrastanti.
Nessuno può onestamente dire se, nel 2014, sarà necessaria una manovra bis. Bruxelles lo lascia intendere ma non lo dice esplicitamente. Molto dipenderà dalla forza di trazione del governo sul fronte delle privatizzazioni e dei tagli alla spesa, le uniche misure strutturali in grado di aggredire effettivamente il debito e ridimensionarne il peso nell’immediato. Ma la vera scommessa di Renzi è tutta sulla crescita, che non può fondarsi su politiche espansive della spesa ma su interventi concreti in grado di liberare il paese dai mille lacci e lacciuoli che ne frenano la competitività. Per invertire la rotta occorre imboccare la strada delle riforme. Renzi ha già avviato un secondo cantiere dopo quello annunciato qualche giorno dopo il suo insediamento. Ma ora è arrivato il momento di fare sul serio, di operare scelte concrete. Il ministro dell’Economia, Padoan, ha già fatto sapere che il passo dell’esecutivo accelererà nei prossimi giorni. E che, i primi risultati concreti, potrebbero arrivare già durante il semestre di presidenza italiana dell’Ue, in programma a luglio. Si vedrà. Resta il fatto che sui numeri i margini sono molto ristretti e senza riforme difficilmente il paese tornerà a crescere e a creare lavoro. Questo Renzi (e Padoan) lo sanno bene. Ma lo sanno bene anche i mercati e Bruxelles.