Antonio Troise
Patti scritti con la sabbia. Impegni smentiti il giorno dopo. Litigi a non finire. Sono appena nate e già si litiga praticamente su tutto. Dai vaccini all’Europa, dalla moneta unica alle riforme. E chi più ne ha più ne metta. Massima è insomma la confusione sotto il cielo delle elezioni. Se Silvio Berlusconi va in Europa per accreditare un eventuale governo di centrodestra c’è subito il suo principale alleato, Matteo Salvini, che vorrebbe subito archiviare la stagione della moneta unica e dei vincoli di Maastricht. Con la buona pace degli europeisti convinti. Ma anche sull’altro fronte, per la verità, non mancano i distinguo e le oscillazioni. Con Renzi che un giorno annuncia di voler sforare il tetto del 3% e un altro, invece, precisa che gli impegni dovranno essere mantenuti. Per non parlare, poi, della imbarazzante giravolta del M5S sull’euro e sulla permanenza dell’Italia nell’Unione Europea. Insomma, un bel rompicapo anche per i più avveduti osservatori politici.
E’ vero che siamo in campagna elettorale e che il leader si combattono a colpi di impegni, critiche, promesse e perfino insulti, solo con l’obiettivo per raccogliere qualche voto in più. Ed è anche vero che quello che si dice in questa fase non è detto che rifletti quello che poi si farà in seguito. Anzi, la storia ci ha insegnato che è quasi sempre accaduto il contrario.
Ma, al di là delle parole, c’è soprattutto un problema di credibilità del Paese. Proprio ieri, da Davos, dove si tiene il World Economic Forum, sono arrivati gli ennesimi richiami sulla tenuta dell’Italia e, soprattutto, sulla necessità di continuare lungo il sentiero delle riforme. Il 2018, resto, non sarà per niente un anno facile. Abbiamo appena imboccato la strada della ripresa che deve essere, però, consolidata, rafforzata e resa strutturale. Fra qualche mese la Banca Centrale Europea chiuderà i rubinetti del credito facile e alimentare nuove tensioni sui tassi di interesse. Una brutta tegola per i Paesi che, come l’Italia, devono fare i conti con un debito record. Se a tutto questo aggiungiamo i pericoli, sempre in agguato, di nuove bolle speculative.
Uno scenario che imporrebbe scelte condivise, esecutivi stabili, maggioranze coese. L’esatto contrario di quello che sta andando in scena nelle prime settimane della campagna elettorale, con partiti l’un contro l’altro armati pronti a dare battaglia su tutto. Eppure, sui temi economici, occorrerebbe per lo meno una sorta di tregua nel nome della serietà e del rigore. Sarebbe un bel segnale non solo per convincere i mercati che non siamo più l’italietta di una volta, sempre pronta a cambiare idea e a rimangiarsi gli impegni. Ma anche per convincere almeno una parte di quei quattro concittadini su dieci che nelle ultime elezioni sono rimasti a casa, a fare uno sforzo per recarsi, il 4 marzo, nei propri seggi. Con qualche idea finalmente chiara su programmi e coalizioni.