E’ oggettivamente difficile lasciarsi trasportare dall’ottimismo, anche quando le ultime istantanee scattate sul fronte dell’economia reale da istituti autorevole come l’Ocse, lasciano intravedere qualche piccola spruzzatina di rosa. E’ vero che le nuove stime sulla crescita del Belpaese, messe nero su bianco dall’organizzazione parigina che riunisce i paesi più industrializzati, sembrano presagire un’inversione di tendenza dopo anni di crisi durissima. Ma, nello stesso tempo, i dati sul reddito delle famiglie e sul tasso di disoccupazione dei giovani, inchiodano il barometro della crisi sui quadranti più depressi. Numeri solo in apparenza contradditori perché, nella realtà, sono solo due facce della stessa medaglia.
E’ vero che, secondo l’Ocse, l’Italia può accelerare sul cammino della ripresa mettendo a segno un rialzo di 6 punti percentuali entro i prossimi dieci anni. Sempre che, naturalmente, riesca a realizzare le riforme annunciate per l’economia e che mantenga ben dritta la barra sulla rotta del rigore e del risanamento dei conti. Ma anche se le previsioni fossero confermate, il ritmo di crescita (lo 0,6% all’anno) continuerà ad essere eccessivamente lento e insufficiente per far recuperare all’economia reale la ricchezza bruciata negli ultimi otto anni. Un dato per tutti: negli ultimi 8 anni il reddito disponibile delle famiglie è sceso del 13,1%, tornando agli stessi livelli di 30 anni fa.
Non a caso, se si sposta lo sguardo su quello che sta accadendo effettivamente nelle nostre case, la scena continua ad essere molto preoccupante e gli sprazzi di rosa si riducono progressivamente. Almeno una famiglia su quattro, secondo l’Istat, vive oggi in una situazione di disagio economico. Il che, tradotto in soldoni, significa che arriva a stento a fine mese o che si trova ai margini della soglia di povertà. Solo nell’ultimo anno, giusto per fare un esempio, almeno 500mila genitori hanno perso il lavoro e due milioni di famiglie si trovano, praticamente, senza reddito.
Ma la crisi colpisce in maniera durissima soprattutto i giovani che ormai hanno perso perfino la speranza di trovare un lavoro tanto da aver smesso di cercarlo. Sono due milioni e mezzo i ragazzi tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano. Peggio dell’Italia c’è solo la Grecia. E, considerando che i giovani, rappresentano uno dei motori principali della ripresa, c’è poco da stare allegri.
Se anche le stime dell’Ocse fossero corrette (o, addirittura sbagliate per eccesso di prudenza), servirebbero diversi decenni per tornare ai livelli pre-crisi e dare speranze concrete ai giovani e alle famiglie. Un tempo troppo lungo che nessun paese può permettersi.
Fonte: L’Arena