La Dia di Napoli ha eseguito un provvedimento di sequestro di beni emesso dal Tribunale di Napoli, sezione misure di prevenzione, nei confronti dei fratelli Giuseppe e Vincenzo Candurro, appartenenti al sodalizio criminale del clan Misso, gruppo camorristico radicato ed egemone nel rione Sanità a Napoli. Il provvedimento di sequestro, finalizzato alla confisca, riguarda 21 unità immobiliari, 8 società, 1 rivendita di tabacchi e valori bollati in provincia di Salerno, 20 tra autoveicoli e motociclette, 47 depositi bancari e 11 polizze assicurative, per un valore di oltre 10 milioni di euro. “Le indagini – riferisce una nota della Dia – hanno preso spunto dall’analisi di operazioni finanziarie sospette che hanno indotto gli investigatori ad approfondire la posizione patrimoniale di due soggetti che sono risultati storicamente legati al clan camorristico operante nel rione Sanità”.
Le indagini nei confronti dei due imprenditori del clan Misso – ai quali oggi la Dia ha sequestrato beni per 10 milioni di euro – sono partite dal sequestro di un manoscritto con il quale il boss Giuseppe Missi, detto “o’ nasone”, dava disposizione all’istituto Credit Suisse di Ginevra, che gestiva il suo conto corrente, di trasferire ogni disponibilita’ finanziaria a Vincenzo Candurro, detto “Enzo o’ barbiere”, su un conto aperto a suo nome sempre sullo stesso istituto di credito. Da accertamenti e’ emerso che la somma accreditata ammontava a 649.000 dollari. Il clan Misso, di cui i fratelli Candurro sono ritenuti elementi di vertice, a partire dagli anni ’80 e fino ai primi anni del 2000, e’ stato una delle organizzazioni camorristiche piu’ pericolose di Napoli. Poi, con l’avvio della collaborazione con la giustizia de “o’ nasone”, e’ stato azzerato dall’azione di magistratura e forze dell’ordine. Fin dagli anni ’80 ha gestito per conto del clan il riciclaggio delle marche da bollo rubate e l’importazione di motorini elettrici dalla Cina. Vincenzo Candurro “o’ barbiere”, condannato per associazione mafiosa e oggi pentito, cosi’ chiamato perche’ era proprietario di una barberia nel centro storico di Napoli, ha ricoperto il ruolo di cassiere del clan ed e’ stato uomo di fiducia del boss. Era sempre presente, con la sua famiglia, a tutti i banchetti che il Giuseppe Missi organizzava nella sua abitazione avvalendosi di cuochi e camerieri di un importante ristorante del Borgo Marinari della citta’. Il fratello Giuseppe, invece, e’ stato condannato per avere impiegato in attivita’ economiche denaro di provenienza illecita. I due fratelli non hanno mai saputo spiegare l’enorme quantita’ di denaro che avevano a loro disposizione ritenuta frutto delle attivita’ illecite del clan. Un clan che nel rione Sanita’ – tra il 1997 e il 2001 – hanno gestito titoli azionari e strumenti finanziari per oltre 8 miliardi di vecchie lire.