di Laura Bercioux
La mafia è tornata a governare le campagne. Si è infiltrata nelle imprese agricole, tra frodi, contraffazioni e riciclaggi. Alessandro Chiarelli, Presidente della Coldiretti per la Sicilia, non nasconde le sue preoccupazioni.
Il rapporto sulle agromafie ha messo in evidenza i rischi delle infiltrazioni della criminalità in questo settore. Qual è la reale situazione?
“La mafia è sempre stata nel feudo, ha sempre occupato la proprietà agraria siciliana e in generale del meridione. Chiaramente, nel momento in cui alcuni suoi canali per l’approvvigionamento economico sono venuti meno, come la speculazione edilizia a causa della crisi e delle nuove leggi, e fortunatamente sono state contrastate anche le attività legate al traffico di droga, sono tornati a occuparsi di agricoltura. Si sono riappropriati di ciò che non avevano mai lasciato. La storia nasce e continua a vivere nel feudo”.
Ci sono soluzioni per contrastare Cosa Nostra?
“Le soluzioni sono sempre quelle della obbligatorietà e della tracciabilità dei prodotti agricoli. Spesso le merci che compriamo hanno una targa che non corrisponde a un telaio: sono prodotti provenienti o da uno stato membro o da uno extra europeo. Poi diventano siciliani e fanno il giro del mondo. Questo è un grande danno per le imprese agricole, per la salute del consumatore e per la legalità. Lo Stato deve di nuovo tornare a controllare il territorio, controllare gli snodi autostradali delle periferie, zone agricole, snodi interpoderali. Non consentire nel 2015 il pascoli abusivo. Queste vedette della mafia che arrivano con i telefonini che segnalano la presenza delle forze dell’ordine o dell’eventuale proprietario. Non permettere che solo alcune ditte possano fare la movimentazione del trasporto su gomma perché vi sono sentenze della Cassazione passate in giudicato che hanno acclarato che c’era un noto gruppo che poteva andare a caricare e scaricare mentre altri no. Bisogna controllare le dogane, bisogna controllare ogni chicco di grano o qualsiasi derivato alimentare, verificare le provenienze dei prodotti , che fine facciano e che non si confondano sui banchi. Agroalimentari. Azioni e ipotesi se ne possono fare tantissime. Bisognerebbe chiedersi che cosa è stato fatto”.
Cosa è stato fatto?
“Sicuramente tanto. L’azione è stata contrastata dalle procure e dalle azioni civili però l’onda lunga arriva così quando la sera dopo le 17 fa buio e la presenza delle forze dell’ordine, per la spending review, diminuisce: sempre meno uomini, sempre meno mezzi. Non ci sono i soldi per fare impianti di videosorveglianza. Basti pensare all’immondizia disseminata nelle nostre campagne che spesso sono a vocazione biologica. Bisogna ottimizzare questi servizi, dare dei segnali soprattutto con la presenza dello Stato: mai lasciare le imprese agricole sole come in verità sono. Andare a denunciare non è da tutti ma ci sono dei reati che possono essere contestati da autorità come compito d’ufficio. C’è tanto da fare”.
La Regione fa la sua parte?
“La Regione proclama spesso: io voglio fatti, atti, risorse e risultati”.