Un  vecchio detto  recita: «Dietro a un grande uomo,  c’è sempre una grande donna». Fa parte di quella infinita serie di luoghi comuni che andrebbero aggiornati  sempre di tanto in tanto. Per continuare la serie, purtroppo potremmo  anche scrivere che: «Dietro una donna minacciata di violenza, spesso amaramente  non c’è nessuno». O,  meglio, ribadiamo  che: «Dietro la salvezza di una donna minacciata di violenza, c’è sempre un Centro antiviolenza». Oggi  tutti noi capiamo la problematica di questo problema, girando con i reading di ferite a morte, monologhi teatrali sul femminicidio per questo tutta la problematica  diventa virale perché, come ci  hanno insegnato le ragazze dei Centri antiviolenza, ogni strumento è necessario quando la vita sembra senza  uscita e i tuoi stessi genitori ti consigliano di non denunciare il tuo compagno violento per non rovinargli completamente  la vita.  È in questa zona d’ombra e di dolore che i centri diventano l’unica ancora  possibile di salvezza, un dolce luogo  dove trovare chi ascolta, consiglia e protegge, offrendo anche un domicilio sicuro, ma soprattutto una protezione significativa.  La prevenzione deve essere  obbligatoriamente  necessaria, insieme alle denunce da presentare alla polizia. Oggi   bisogna combattere il deserto  di solitudine  e di totale silenzio. È qui che  chi lavora nei  Centri deve  riuscire  ad  intervenire ma soprattutto  a salvare le  vite umane.

Non si può più sbagliare  oggi,  si devono tutelare i centri, bisogna  costringere la  chiusura di questi centri specializzati,  battendosi  contro la  sospensione  della  attività, bisogna oggi dire no alla scadente burocrazia  che significa ributtare migliaia di vittime in quel mare sconosciuto in cui la violenza dei mostri  può avere la meglio su tutte le donne. Tuttavia, le risorse già assegnate non sono disponibili! Quando ci saranno? Non si sa, intanto i centri  chiudono, poi si vedrà. Bisogna impedire tutto questo, ma soprattutto bisogna lodare  il lavoro  delle volontarie, delle avvocatesse e delle semplici centraliniste attaccate al telefono 24 su 24, un filo sottile cui spesso è legata  la nostra amara  vita. Come si fa a  non capire che questi strumenti sono necessariamente  essenziali per la lotta che, a chiacchiere, tutti dicono di voler combattere? Bisognerebbe rendere operativa  una task force permanente che si preoccupi di assicurare ai centri ossigeno continuativo, mettendoli al riparo dai ritardi, ma soprattutto dalle maledette  beghe burocratiche che vanificano ogni possibile sforzo. Se i fondi ci sono,  ma soprattutto se sono stati assegnati, si pensi a un fondo d’urgenza per coprire la  triste lentezza delle amministrazioni, per evitare le chiusure improvvise e spezzare quel famoso filo di speranza  che può fare la differenza significativa tra la vita e la morte. Va bene il giorno della donna, va bene dare il benvenuto  agli uomini solidali ed ai pulmini delle forze dell’ordine sparsi nella città, va bene tutto. Ma non disperdiamo un patrimonio già forte e operativo, sempre attivo   nell’enorme  zona d’ombra di cui ci accorgiamo solo quando i riflettori della cronaca nera illuminano i casi dove non c’è più niente da fare.
Di Patre Giacinto