di LEONARDO IMPEGNO*
Ecco l’ultimo regalo dell’antipolitica: questo sentimento che parla alla pancia della gente, senza disturbare il sonno del cervello, ha determinato nuovi criteri di selezione della classe politica. E non solo.
Un tempo non troppo lontano, i revisori dei conti dell’amministrazione comunale erano selezionati dalla politica. In particolare dal consiglio comunale quale organo di controllo. Una scelta importante perché è importante il ruolo di questo organo di controllo e consulenza che vigila sulla veridicità dei conti elaborati ed approvati dall’amministrazione. Insomma, giudica, con i numeri alla mano, le scelte della politica e deve, perciò, essere assolutamente autonomo dalla giunta e dall’assemblea elettiva. Deve essere di supporto a quest’ultima perché le deve fornire tutti i dati in modo da consentirle di assumere scelte consapevoli e non condizionate dall’organo di governo.
Poi, in Italia, ha cominciato a soffiare sempre più forte il vento dell’antipolitica e, passando da un eccesso all’altro, siamo arrivati al paradosso del bussolotto: oggi i nomi dei revisori dei conti vengono sorteggiati. Sulla carta è un metodo che garantisce l’imparzialità. Ma siamo davvero sicuri che sia la scelta più giusta? O che non sia semplicemente un modo per cavalcare il vento dell’antipolitica rinunciando ad esercitare le proprie responsabilità e le proprie funzioni?
Certo, in passato la politica non sempre ha dato buona prova di sé nella scelta dei revisori, ma, a rischio di risultare impopolare, continuo a difendere la Politica, con la P maiuscola. La Politica prova (non sempre ci riesce, ma almeno ci prova) a selezionare le migliori soluzioni possibili. Il bussolotto, il caso, può darci il meglio ma anche il peggio senza che nessuno possa metterci bocca. E lo dimostra la vicenda grottesca che interessa Palazzo San Giacomo, dove i revisori dei conti stanno dando vita a un conflitto istituzionale senza precedenti, minacciando querele a destra e a manca, e deformando la molla che ha fatto scattare lo scontro: la loro richiesta di avere a fine mese uno stipendio più cospicuo.
Il resto è cronaca di questi giorni, ma è un campanello importante sulla degenerazione verso cui rischia di trascinarci l’antipolitica. Il confronto tra revisori e consiglieri è necessario, e la dialettica può essere anche vivace e forte, come ho potuto sperimentare in prima persona quando ho ricoperto l’incarico di presidente del Consiglio di via Verdi. Non è normale, invece, che i revisori vogliano tappare la bocca dei consiglieri e di chiunque si mostri solidale con questi, appellandosi addirittura all'”apologia di reato”.
Il cuore del problema è tutto lì: nella selezione delle persone che animano la vita istituzionale e democratica della città. I consiglieri vengono scelti dagli elettori, che ne giudicheranno l’operato confermando o meno il consenso al termine del mandato. Quanto alla scelta dei revisori, bisogna dirla tutta: non bastano le competenze, non basta essere un buon commercialista e sperare di essere baciati dalla fortuna quando viene agitato il bussolotto. Bisogna anche avere la capacità di vivere e relazionarsi in una istituzione pubblica, comprendere i meccanismi che regolano la vita democratica, imparare i meccanismi di una macchina politco-amministrativa così complessa come può essere quella del Comune di una grande città.
Se dovessimo seguire il vento dell’antipolitica, potremmo arrivare al paradosso di scegliere col bussolotto anche i consiglieri comunali e, perché no, anche gli assessori. Sarebbe folle. Io sono convinto, e questa brutta pagina dell’amministrazione comunale napoletana lo conferma, che la Politica, la buona Politica, resti un fattore indispensabile della civile vita democratica. Viceversa, il sonno dell’antipolitica può generare solo mostri. Ed è per questo che presenterò una proposta di legge che ridia al popolo e quindi ai suoi rappresentanti la possibilità di scegliere chi controlla i conti e come vengono spesi i soldi di tutti noi.
*Deputato Pd